Ha 37 anni, è sordomuto e rom. E il 25 luglio scorso, in seguito ad una perquisizione domestica senza mandato da parte di quattro poliziotti, ha fatto un volo di nove metri dal balcone di casa.
È ancora ricoverato in gravi condizioni Hasib Omerovic, la cui storia sta riempiendo le cronache dopo la conferenza stampa di lunedì scorso dell’Associazione 21 luglio e del parlamentare radicale Riccardo Magi. Una vicenda su cui sta indagando la Procura di Roma per tentato omicidio.

Hasib Omerovic, la ricostruzione della vicenda

A ricostruire la vicenda ai nostri microfoni è Carlo Stasolla dell’Associazione 21 luglio, che ha raccolto l’appello della madre di Hasib. L’associazione ha effettuato un sopralluogo nell’appartamento dove sono avvenuti i fatti e ha trovato una scopa spezzata, che secondo la testimonianza della sorella di Hasib, unica testimone presente, sarebbe stata utilizzata dagli agenti per picchiare l’uomo, un lenzuolo macchiato di sangue e una porta divelta.

In particolare, quando gli agenti in borghese si sono presentati senza mandato a casa dell’uomo, avrebbero chiesto i documenti e sarebbe nata una collutazione. Hasib si sarebbe rifugiato in camera, dove gli agenti lo avrebbero raggiunto. Quando hanno lasciato l’abitazione, il corpo dell’uomo si trovava sul marciapiede sottostante l’appartamento.
«Abbiamo fatto una conferenza stampa – spiega Stasolla – perché dal giorno dell’episodio e del successivo esposto da parte della madre non si era mosso nulla». Ora, invece, la Procura indaga per tentato omicidio in concorso e il capo della Polizia Lamberto Giannini ha garantito trasparenza nelle indagini.

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Abusi in divisa, è cambiato qualcosa?

La vicenda di Hasib Omerovic sembrerebbe configurarsi come uno dei tanti casi di abusi in divisa. In questi giorni c’è chi ha evocato i casi Aldrovandi e Cucchi o altri ancora, ma sembra esserci una sostanziale differenza in come i media ne hanno parlato e nella reazione dell’opinione pubblica. È davvero così?
L’Associazione Contro gli Abusi in Divisa (Acad) è nata proprio in seguito alle morti di Aldrovandi e Cucchi per fornire un sopporto nei casi di abusi da parte delle forze dell’ordine.

In tutte le diverse vicende occorse in Italia, infatti, vi sono degli elementi comuni che si manifestano già dalle prime ore: una coltre di silenzio che rasenta l’insabbiamento su quanto accaduto, comportamenti corporativi e omertosi da parte delle forze dell’ordine, tentativi di depistaggio delle indagini e discredito delle vittime.
Perché in questa vicenda le cose sembrano andare diversamente? «Non bisogna mai dare nulla per scontato, la storia ce lo insegna», avverte Checchino Antonini, tra i fondadori di Acad. Tra gli elementi che hanno fatto sì che questa notizia venisse narrata in un determinato modo, infatti, viene annoverata la capacità comunicativa dei soggetti che hanno raccolto la segnalazione della famiglia di Hasid.

Antonini, però, non esclude che in futuro non vi siano schizzi di fango nei confronti della vittima e della sua etnia rom. «La ziganofobia è la più antica forma di razzismo – sottolinea l’espondente di Acad – E occorrerà capire anche cosa accade nel quartiere, quali erano le direttive del comando di polizia». Il riferimento è a quanto accadde nella vicenda Cucchi e le direttive di un ambizioso maresciallo sotto la cui direzione aumentò il numero degli arresti, nei quali incappò poi Stefano con la vicenda che tutti conosciamo.

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