Le cronache dei giornali sono da tempo sature di episodi di aggressioni, verbali e fisiche, nei confronti di medici, infermieri, operatori sanitari. Eroi per una notte, la lunga notte del covid, capri espiatori per tutte le altre, verrebbe da dire parafrasando il titolo di un vecchio film di successo. Si parla meno, al contrario, dei rischi che corre chi opera in lavori di cura in ambito sociale, ci riferiamo soprattutto a educatori e assistenti sociali. Eppure, proprio per la loro peculiarità di essere interventi di prossimità con le situazioni più fragili e complesse, sono tra le professioni più vulnerabili. L’inasprimento delle pene previste dal codice penale per i reati contro le figure professionali sanitarie e sociali, indipendentemente dal ritenerle giuste o sbagliate, non risolvono certo il problema alla radice.

Non basta, infatti, l’agire del legislatore, è soprattutto sul cambiamento del contesto culturale che bisogna intervenire.  E’ in atto, e non da oggi, una costante svalutazione di tutti i mestieri che hanno a che fare con un “sapere” istituzionale, di servizio, con la conseguenza che la rabbia del cittadino trova “normale” identificare la sua vittima nel lavoratore pubblico, o meglio, in chiunque per mestiere si trovi a svolgere un servizio pubblico. Fermo restando che i lavori di cura, in ambito sanitario e sociale, non sono lavori “per tutti” (come blatera la vulgata populista imperante) e che la formazione è un requisito necessario soprattutto per l’operatore chiamato a intervenire nelle situazioni più complesse, rimane quanto mai necessaria un’analisi dei motivi che hanno portato a questo deterioramento dell’immagine degli operatori del servizio pubblico, anche per identificarne responsabili e responsabilità.

Abbiamo provato a farlo nella nostra trasmissione, anche e soprattutto per cercare di individuare quali possano essere le soluzioni più efficaci per operare un’inversione di tendenza e ridonare autorità (intesa come riconoscimento del sapere e del ruolo) e autorevolezza ai nostri mestieri. L’abbiamo fatto con l’aiuto di Francesco Crisafulli, educatore, che di questi temi si occupa e ne scrive sul suo portale www.educatoreprofessionale.it e con Luigina Russo, assistente sociale, vittima di un grave episodio di aggressività sul posto di lavoro.