Il 2022 registra un triste record, quello dei suicidi nelle carceri. Sono 77 quelli registrati dall’inizio dell’anno, mai così alti negli ultimi decenni. Un tetro indicatore delle condizioni in cui vivono i detenuti nelle patrie galere che però non sembra interessare alla politica.
In Liguria, ad esempio, la Regione sta temporeggiando da due anni per la nomina dei garanti dei detenuti. Il ritardo è talmente intollerabile che il capogruppo dell’opposizione Ferruccio Sansa ha iniziato uno sciopero della fame.

Suicidi in carcere, un triste record

Prima di questo 2022, l’annus horribilis dei suicidi in carcere era stato il 2009, quando a togliersi la vita erano state 72 persone. L’anno in corso, che non è ancora finito, ha quindi un bilancio più pesante, che è ancora più grave per il fatto che il suicidio ha raggiunto il 51% delle cause di morte negli istituti di pena italiani.
«Vedendo questi numeri pensavamo ci fosse una crisi, ma il flusso continua costante – osserva ai nostri microfoni Alessio Scandurra dell’Associazione Antigone – Temo che sia un’emergenza che non durerà poco e onestamente ancora non vediamo contromisure significative o dichiarazioni».

Un silenzio assordante, quello della politica, che testimonia il disinteresse per i diritti dei detenuti. Già il sovraffollamento carcerario, la mancanza di spazi, la mancanza di attività o personale non aiutano le persone che stanno attraversando un periodo di difficoltà. Ma secondo Scandurra la scia di suicidi è la manifestazione di un fenomeno che vediamo anche fuori dalle sbarre. «Se si parla con i servizi di salute mentale ce ne danno conferma – evidenzia l’esponente di Antigone – È un periodo difficile per tutti, solo che nella società i casi di suicidio o autolesionismo sono spalmati su una popolazione molto più grande. In ogni caso le persone che sono in carcere vivono una condizione di grande fragilità».

Eppure dovrebbero esistere delle misure per prevenire che i detenuti si tolgono la vita. In particolare, esistono dei protocolli che prevedono di tenere sotto osservazione le persone che manifestano maggiore fragilità. Probabilmente questi protocolli hanno salvato molte vite perché, come sottolinea Scandurra, dei suicidi evitati non abbiamo una casistica.
I dati, però, ci indicano che non sono misure sufficienti. Per fronteggiare l’emergenza, Antigone propone di favorire il più possibile la comunicazione tra le persone detenute e i familiari o gli amici.

Il tema dei colloqui e delle telefonate era stato anche al centro delle tensioni durante la pandemia. Dopo una prima fase, però, le videochiamate consentite ai detenuti avevano rasserenato il clima, anche a detta del personale penitenziario.
Il rischio, però, è che queste misure vengano meno, tornando alle regole pre-pandemia, quando un detenuto poteva telefonare a casa per appena 10 minuti la settimana, «un dato fuori dalla realtà nel 2023», sostiene Scandurra.

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Diritti negati, lo sciopero della fame per il garante dei detenuti

Da quattro giorni Ferruccio Sansa non tocca cibo. Il capogruppo della Lista Sansa in Regione Liguria ha deciso di intraprendere uno sciopero della fame perché da ormai due anni la maggioranza non nomina un garante dei detenuti, nonostante sia previsto dalla legge regionale.
«Non si riesce ad arrivare alla nomina perché non sanno come dividersi le poltrone – lamenta lo stesso Sansa ai nostri microfoni – Sono rimasti paralizzati da questo bisogno di spartizione e dal fatto che tutto sommato non gliene importa niente del garante dei detenuti».

Il capogruppo dell’opposizione riferisce di visitare spesso le carceri della Liguria e di aver raccolto spesso le richieste di detenuti che domandavano del garante. «Le prime volte rispondevo che lo stavamo per nominare, ora provo vergogna», osserva.
Di qui l’idea della protesta con lo sciopero della fame, che Sansa sta raccontando anche in un diario quotidiano su Facebook. Al quarto giorno, l’ex giornalista riferisce di essere già piuttosto stanco e di avere il fiatone a fare pochi passi, ma intende proseguire finché non verrà convocata la seduta del Consiglio regionale per la nomina del garante.

Anche nelle carceri liguri la situazione appare grave. Al carcere di Genova, il Marassi, sono recluse tra le 600 e le 700 persone in una struttura che, seppur recentemente riammodernata, risulta ottocentesca. Nel carcere di Sanremo si sono registrati molti atti di autolesionismo, come il gesto di un detenuto che si è ustionato buttandosi sulla piastra dei fornelli e perdendo le braccia.
«Sono solo quattro le Regioni in Italia a non avere un garante dei detenuti – insiste Sansa – La Basilicata, la Calabria, la Sardegna e la Liguria». La richiesta del consigliere, dunque, è che venga nominato il prima possibile.

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