«“Romina” è un documentario su come la vita non segua la retorica del merito. Il claim “se ti impegni e ti dedichi con abnegazione alla tua passione e al tuo progetto di vita, ce la farai” non è universale – ha spiegato Valerio Lo Muzio il co-regista del lungometraggio, insieme a Michael Petrolini, che presenterà in anteprima mondiale sabato alle 18.45 al Cinema Lumière, nell’ambito del Biografilm. «Dipende dal contesto. Spesso chi non ha origini italiane e abita una società con un mercato del lavoro distorto, dove all’aumento del costo della vita, all’impegno e al risultato conseguito, non segue uno stipendio adeguato, non raggiunge il suo sogno. È il caso di Romina, italiana di seconda generazione, che ama la box; la pratica. Potrebbe diventare una professionista. Ma questo sogno viene accantonato quando la madre va in carcere. A quel punto deve occuparsi del fratello e del mantenimento della casa. Per farlo trova un altro impiego. Ha sempre meno tempo per la box. La sua storia è emblematica, ma non è l’unica; è ambientata a Bologna, ma potrebbe esserlo in qualsiasi città. Noi vogliamo ricordare che esistono queste esistenze, che esistono queste ingiustizie sociali. Che dipende dal contesto. Che per farcela qui, purtroppo, non basta il merito».
“Romina”, l’appuntamento raddoppia con la proiezione di domenica alle 16 al Cinema Arlecchino
«Abbiamo conosciuto Romina quattro anni fa, grazie ad Alessandro Dané, tecnico della Bolognina Box, la palestra popolare dove lei faceva box. Eravamo partiti con l’idea di narrare le storie delle ragazze e dei ragazzi che la frequentavano. Volevamo mostrare la realtà di chi vive uno spazio popolare per mostrare la loro storia. Abbiamo conosciuto Romina, mi ha colpito molto il suo racconto. Lei e la sua famiglia ci hanno accolti fin da subito. Abbiamo frequentato la sua quotidianità per anni, ci siamo avvicinati alle situazioni che hanno influenzato il suo percorso».
Romina è una ventunenne con un grande talento per il pugilato. Il suo sogno è diventare una professionista. A detta di dei suoi tecnici ha davvero un grande talento. Però la vita si oppone: la madre finisce in carcere per un vecchio reato, nonostante abbia ormai trovato un lavoro e totalmente cambiato stile di vita. Però per la legge italiana è colpevole e finisce in carcere. Romina si trova sola, deve pagare l’affitto e badare al fratellino più piccolo, quindi i suoi sogni vengono messi in un cassetto». Sacrificio e dedizione ci sono, ma Romina non raggiunge il suo sogno, non può. «Secondo me questo film è sostanzialmente la metafora della vita di chi vive nelle case popolari, spesso ai margini della nostra società. Stiamo in una società che ci racconta sempre che per raggiunge i propri sogni basta impegnarsi. Non è così» perché ci sono dei meccanismi per cui chi nasce in un determinato contesto spesso non riesce a ribaltare il tavolo e a realizzare i propri sogni. «È un film che denuncia una realtà vera, cruda, che contraddice il discorso sul merito».
Un’idea che nella quotidianità funziona per chi a parità di impegno ha gli strumenti per raggiungere il suo sogno, dal tempo, alle risorse economiche e all’istruzione, ma non chi, non li ha fornendoglieli o facilitandolo nell’ottenerli. «È ambientato a Bologna, ma potrebbe riguardare ogni città. È una storia universale. Le condizioni di sfruttamento sul lavoro che spesso i giovani subiscono, specialmente i giovani italiani di seconda generazione, così come le condizioni degli affitti riguardano sempre più persone. Contro questa politica hanno manifestato in molti, tra collettivi e movimenti, e noi siamo d’accordo. Crediamo che tutti debbano avere una vita bella e dignitosa».
E alla notizia che i biglietti di sabato sono già sold-out e alla scelta di aggiungere la data di domenica (alle 16 al Cinema Arlecchino) Lo Muzio non nasconde la gioia perchè «vuol dire che c’è attesa di vedere questi temi in sala».
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