Era destinata ad essere il luogo dove distruggere le armi chimiche siriane, ma la mobilitazione popolare ha indotto il governo di Edi Rama a rifiutare. Quanto accaduto in Albania racconta di come la protesta possa condizionare ancora le decisione dei governi. E intanto il ministro italiano Bonino acconsente al trasbordo delle armi in un porto siciliano.

Con un moto d’orgoglio dettato dalla mobilitazione dei cittadini, l’Albania ha detto no allo smaltimento delle armi chimiche siriane sul suo territorio. Il Paese, considerato partner fedele e arrendevole degli Stati Uniti, sembrava essere la meta prescelta per la distruzione dell’arsenale siriano, così come sancito da un accordo raggiunto con la mediazione della Russia.
Il nuovo governo di Edi Rama, però, ha dovuto fare i conti con la mobilitazione spontanea del popolo albanese, fino ad essere costretto a rifiutare la “proposta”.

A raccontarci quanto è successo è Gjergj Erebara, giornalista albanese, che spiega come i cittadini albanesi abbiano appreso dalla stampa straniera la notizia sulla destinazione delle armi chimiche siriane. Il governo, per alcuni giorni, ha mantenuto uno stretto silenzio, ma quando la notizia è stata resa pubblica, è nata una mobilitazione spontanea nelle piazze.
Cittadini politicamente non impegnati, di varia estrazione sociale, che puntavano il dito sulle conseguenze disastrose che lo smaltimento delle armi chimiche avrebbe comportato in Albania: un inquinamento permanente per via delle scorie.
Una mobilitazione trasversale che è cresciuta in fretta ed ha indotto il governo a fare marcia indietro e rifiutare.

Ora l’attenzione sulle armi chimiche si sposta nel nostro Paese. Il ministro degli Esteri Emma Bonino, infatti, a Bruxelles ha annunciato la disponibilità di un porto siciliano, ma solo per il trasbordo delle 1290 tonnellate di sostanze nocive, contenute in 150 container.
La base americana nel porto di Augusta potrebbe essere la sede prescelta per l’attracco, ma è bastata la sola eventualità a scatenare le proteste.

“Ci batteremo con ogni mezzo democratico contro l’arrivo in Italia dell’arsenale chimico siriano”, ha detto in una nota Ignazio Messina, segretario Idv, che accusa il governo italiano di comportarsi come “il commensale stupido quando altri Paesi hanno già rispedito al mittente questa richiesta”.