Il “Patto per il Lavoro e per il Clima” regionale non basta. L’Emilia-Romagna può e deve diventare più green, al di là degli annunci di chi la governa, secondo «un nuovo modello terra-acqua-energia-rifiuti, davvero alternativo», che ad esempio spenga gli inceneritori e riduca in modo percepibile il consumo di suolo, oppure stoppi le grandi opere autostradali. È la nuova spinta ecologista targata Legambiente e Rete emergenza climatica e ambientale Emilia-Romagna (Reca), che annunciano oggi quattro nuove leggi di iniziativa popolare sui temi di acqua, rifiuti, energia e consumo di suolo.

Le leggi di iniziativa popolare per dare una svolta alle politiche sull’ambiente

«C’è bisogno di nuova partecipazione, tutte le associazioni sensibili aderiscano», è l’appello dei promotori. C’è poco tempo, dicono, e quindi bisogna accelerare per cominciare a raccogliere le 5.000 firme di cui ogni legge di iniziativa popolare ha bisogno per avviare il proprio iter, come prevede lo Statuto della Regione. «Vogliamo costruire una mobilitazione dal basso e da metà marzo andremo nelle piazze e nelle strade per raccogliere le firme. Vogliamo cambiare gli indirizzi predominanti, per innescare un nuovo meccanismo partecipativo che riveda il modello produttivo e sociale», spiega annunciando oggi l’iniziativa online il referente Reca e del comitati Acqua Bene Comune, Corrado Oddi.

Nel merito, la prima proposta di legge riguarda il tema acqua e rifiuti. Il referendum del 2011 ha indicato la strada della ripubblicizzazione dell’acqua «ma si è andati in un’altra direzione, prorogando il servizio ai gestori: il Consiglio dei ministri ha già impugnato il provvedimento regionale che prevede in particolare la proroga al 2027- ricorda Oddi- e quindi bisogna anche superare l’agenzia territoriale del servizio, Atersir».
La seconda proposta di legge di iniziativa popolare affronta le politiche dell’immondizia, per le quali Legambiente e Reca chiedono di «costruire provvedimenti di riduzione della produzione di rifiuti e di quelli non riciclati, superando gli inceneritori, in un quadro di economia circolare».

La terza legge popolare verte invece sulla transizione ecologica, rilanciando «la produzione di fonti rinnovabili» e contenendo i consumi di energia. Il quadro si completa appunto con il tema del consumo di suolo, tramite una legge popolare che «da subito arresti il trend in regione: non bisogna quindi limitarlo semplicemente – insistono i promotori ecologisti – ma dare priorità vera a riuso e rigenerazione urbana».
Oddi e soci vogliono quindi tentare una nuova svolta, visto che «in Emilia-Romagna prevale ancora un’impostazione produttivista ed economicista: quel che conta è la crescita del pil, senza verifiche degli effetti sul benessere dei cittadini e sulla salvaguardia delle risorse naturali».

«Nel dibattito pubblico predominano ancora le rivendicazioni dei soggetti economici più forti – rimarca il presidente regionale di Legambiente, Davide Ferraresi – come mostrano i casi delle autostrade o del settore estrattivo. Contano i desiderata delle grandi imprese, insomma, per un dibattito che risulta schiacciato su posizioni che non rispecchiano l’urgenza del momento». L’appuntamento è quindi per i gazebo di marzo, una volta completate le procedure di questa fase: i testi sono stati depositati all’Ufficio di presidenza della Regione il 10 gennaio, ognuno con le prime 300 firme necessarie ad avviare l’iter, che la Consulta regionale incaricata sta verificando dal punto di vista delle legittimazione formale.

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Fonte: Agenzia Dire