I referendari di Acqua Bene Comune attendevano con ansia la fine del 2021, perché proprio il 31 dicembre sarebbe scaduto a Bologna l’affidamento del servizio idrico e si sarebbe aperta la possibilità di discutere della ripubblicizzazione dell’acqua, così come indicato dalla maggioranza degli elettori nel 2011. La Regione Emilia-Romagna, con quello che per i referendari è un vero e proprio colpo di spugna, ha deciso invece di prorogare al 2027 tutte le concessioni.

Acqua, la proroga delle concessioni azzera la discussione sulla ripubblicizzazione

«La settimana scorsa la Regione ha approvato un emendamento a una legge che riguardava misure urgenti sullo sviluppo economico – racconta ai nostri microfoni Corrado Oddi del Coordinamento regionale Acqua Pubblica – L’emendamento dice che tutti gli affidamenti del servizio idrico, ad eccezione di Reggio Emilia e Rimini dove sono in corso procedure di gara, vengono prorogati alla fine del 2027».
I comitati per l’acqua pubblica ritengono il provvedimento di una «gravità inaudita» sia per il metodo, cioè la mancata consultazione dei comitati e delle associazioni ambientaliste, sia per il merito del provvedimento, che azzera ogni discussione sulla ripubblicizzazione dell’acqua.

Erano diverse le concessioni in imminente scadenza nel territorio regionali. Oltre a Bologna, in scadenza a fine anno, nel 2023 sarebbe toccato a Forlì, Cesena e Ravenna, mentre nel 2024 a Modena e Ferrara.
«Si conferma che le grandi multiutility fanno la politica sull’acqua e sui rifiuti in questa regione», commenta Oddi, che contesta anche le motivazioni contenute nell’emendamento approvato, cioè la necessità di dare continuità alle aziende per prepararsi all’arrivo delle risorse del Pnrr e approntare gli investimenti. Per i referendari, quindi, il Pnrr viene utilizzato come strumento per dare nuovo impulso alle privatizzazioni.

Anche la tempistica fa arrabbiare i sostenitori dell’acqua pubblica. «Due settimane fa – ricostruisce Oddi – abbiamo avuto un incontro con rappresentanti di Atersir, con rappresentanti del consiglio locale e con docenti dell’Università di Bologna per decidere di produrre uno studio sulla possibile ripubblicizzazione a Bologna».
E a proposito della nostra città, i referendari dell’acqua pubblica chiamano in causa anche il neosindaco, Matteo Lepore. «Ho letto che vuole fare di Bologna la città più progressista d’Italia e si rifà alle esperienze delle sindache di Barcellona e Parigi – commenta Oddi – A Parigi l’acqua è pubblica e a Barcellona c’è un analogo percorso in atto. Vorremmo sapere cosa ne pensa della mossa della Regione».

In ogni caso i sostenitori dell’acqua pubblica non si danno per vinti e annunciano mobilitazioni e azioni anche sul piano giuridico. Da un lato, infatti, è già stato indetto per il 3 novembre alle 14.30 un presidio di protesta sotto la sede della Regione. Dall’altro, stanno valutando la legittimità giuridica del provvedimento della Regione, perché secondo la legislazione nazionale gli affidamenti dei servizi idrici non spetterebbero alle Regioni ma alle autorità di bacino.

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