Nonostante le nuove direttive dell’agosto 2020 e la determina regionale del dicembre 2021, nei consultori dell’Emilia-Romagna non è ancora possibile avere accesso alla pillola abortiva Ru486. Lo denunciano alcune realtà femministe emiliano-romagnole, tra cui Mujeres Libres e Non Una di Meno, che il 23 maggio scorso hanno inviato una pec alla direzione sanitaria per chiedere che le disposizioni vengano applicate. La segnalazione è avvenuta dopo un monitoraggio svolto dalle stesse realtà femministe, che hanno riscontrato come nei consultori dell’Emilia-Romagna non fosse possibile accedere al servizio nonostante le nuove disposizioni.

Ru486 in consultorio: l’Emilia-Romagna inadempiente nonostante la determina

«Ad agosto 2020 abbiamo salutato con entusiasmo le nuove linee guida per la pillola abortiva – afferma ai nostri microfoni Deborah di Mujeres Libres – Con queste linee guida si sanciva che la Ru486 potesse essere somministrata anche in regime ambulatoriale, quindi anche nei consultori, senza per forza passare dagli ospedali». A livello nazionale la questione era stata anche al centro di polemiche e di scontri istituzionali, perché alcune Regioni governate dal centrodestra prevedevano che per la somministrazione della pillola fosse addirittura necessario il ricovero.
A chiarire tutto furono, appunto, le linee guida ministeriali di quasi due anni fa, recepite con una determina dalla Regione Emilia-Romagna a metà del dicembre scorso.

«Da agosto in poi abbiamo attenzionato queste nuove linee guida – continua l’attivista – consapevoli che il nostro entusiasmo poteva scontrarsi con la dura realtà, perché sappiamo che la sanità italiana è più attenta a tutelare gli obiettori di coscienza che l’autodeterminazione e la salute delle donne». Risale a quasi due anni fa, quindi, l’inizio del monitoraggio che le realtà femministe hanno iniziato a compiere per verificare se effettivamente nei consultori si potesse avere accesso all’interruzione volontaria di gravidanza attraverso la Ru486.
«Abbiamo scoperto che nessuno dei consultori da noi contattati ha attuato le nuove procedure», rivela Deborah.

A questo punto, lo scorso 23 maggio, le realtà femministe hanno avvisato tramite pec la Direzione Generale Cura della Persona Salute e Welfare della Regione Emilia-Romagna, protestando contro la mancata applicazione delle nuove norme. «Ad oggi attendiamo una risposta – lamenta l’attivista – su quello che dovrebbe semplicemente essere un servizio, ma che ci costringono a far diventare una battaglia». Anche in Emilia-Romagna, infatti, l’accesso all’aborto è sempre più difficile a causa della crescita dell’obiezione di coscienza. In alcune strutture, come il Policlinico Sant’Orsola di Bologna, la quota di obiettori ha già raggiunto il 70%.

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