Oggi la Francia è nuovamente alle prese con una crisi di governo. In appena un anno il Paese di Emmanuel Macron ha affrontato elezioni anticipate a causa della sconfitta del presidente alle elezioni europee (giugno 2024), la nascita di un Parlamento senza maggioranza a causa di una legge elettorale maggioritaria pensata per il bipolarismo, la caduta del governo guidato da Michel Barnier (dicembre 2024) e, oggi, la sfiducia nei confronti del governo guidato François Bayrou.
«Finora questo governo centrista e liberista, che ha compiuto manovre di macelleria sociale, è stato tenuto in piedi dal sostegno esterno dell’estrema destra – sottolinea Lorenzo Battisti, corrispondente da Parigi – Quindi la visione della destra come rappresentante del popolo contro le elite è abbastanza falsa».

La crisi di governo in Francia e l’instabilità politica ormai cronica

Sarà il voto, che appare scontato, del Parlamento di oggi pomeriggio ad aprire ufficialmente l’ennesima crisi di governo in Francia.
Tra le ragioni della probabile caduta del governo Bayrou c’è una finanziaria durissima, con 44 miliardi di euro di tagli. «Tra le misure – racconta Battisti – ce n’è una che vede la cancellazione di due festività, ma senza retribuzione per lavoratrici e lavoratori. Il datore di lavoro verserebbe direttamente allo Stato il corrispettivo per pagare pensioni e altre cose».
Una manovra “lacrime e sangue” che evidentemente è stata ritenuta poco popolare dall’estrema destra, che ha deciso così di togliere la spina al governo.

La crisi politica, però, in Francia nasce per ragioni più profonde. In particolare, la stabilità garantita dal cosiddetto modello francese, con un presidenzialismo forte e una sistema elettorale estremamente maggioritario è andata in frantumi quando, alle ultime elezioni, si sono affermati tre poli: il Front populaire (socialisti, verdi, comunisti e France Insoumise), il Rassemblement National (l’estrema destra di Le Pen e Bardella) e i centristi di Rainassance, che fanno riferimento a Macron.
Negli ultimi mesi si è parlato molto dell’ostinazione di Macron per restare in sella, cioè esercitare il suo mandato da presidente della République «fino all’ultimo quarto d’ora», come ha detto lui stesso. Di qui la scelta di proporre governi di minoranza, cioè che non avevano i numeri in Parlamento per governare se non con appoggi esterni.
«Si tratta di una crisi di un modello di governo – sostiene Battisti – di cui queste turbolenze sono ormai caratteristiche».

Quanto ai possibili sbocchi, secondo il corrispondente uno riguarda una sorta di tranello che Macron potrebbe tendere alla sinistra. Risultata la prima coalizione nel ballottaggio delle elezioni anticipate dell’anno scorso, il Front Populaire si è visto finora escluso dalla gestione del potere. Ora il presidente francese potrebbe affidare a lui la possibilità di formare un esecutivo, sia per fare emergere le contraddizioni interne alla coalizione, con socialisti e verdi per la linea del dialogo e comunisti e Insoumise invece contrariu, sia per logorare la sinistra attraverso l’impossibilità di governare con un esecutivo di maggioranza, che comporterebbe anche una crisi di consenso.

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