Se non fosse grave sarebbe addirittura noioso quello che Beppe Grillo sta cercando disperatamente di fare per cercare di salvare suo figlio Ciro dall’accusa di stupro di gruppo ai danni di una ragazza nella serata del 16 luglio 2019. Dopo la video-apologia del figlio, il comico e padre spirituale del M5S, secondo quanto riferito da la Repubblica, avrebbe assoldato un medico legale, Marco Salvi, allo scopo di fare una perizia sulla ragazza, in particolare per ricostruire la personalità e il carattere della vittima. Dall’analisi di filmati e foto della serata, Salvi dovrebbe stabilire quanto la ragazza fosse realmente ubriaca o capace di intendere e volere.

Grillo, le dinamiche tipiche dei casi di stupro

A prescindere da quello che sarà l’esito processuale, le dinamiche che sta seguendo Grillo sono ben note a chi segue il fenomeno della violenza di genere da vicino, in particolare dai centri antiviolenza. E l’ultimo tassello rivelato da la Repubblica, qualora venisse confermato, si inserisce in un quadro abbastanza tipico, quello che cerca di sollevare dalle responsabilità gli autori della violenza spostando i riflettori sulla vittima e, in sostanza, mettendo quest’ultima sul banco degli imputati.
La giurisprudenza italiana, su questa materia, ha purtroppo una ricca casistica: dal famoso caso dei jeans indossati da una ragazza, che sarebbero stati la prova del rapporto consensuale, al giudice che ha assolto un imputato perché la vittima non avrebbe avuto un aspetto avvenente.

Ai microfoni della nostra trasmissione Indecoradio, la giornalista de Il Post e di Internazionale Giulia Siviero ha ricostruito le dinamiche tipiche del patriarcato in casi di stupro.
A partire dal video di Grillo, in cui difendeva a spada tratta il figlio, il meccanismo è ancora quello della cosiddetta “vittimizzazione secondaria“, o colpevolizzazione della vittima, in cui si attribuiscono alla vittima abbigliamento o comportamenti che avrebbero indotto gli autori della violenza a credere in una consensualità o comunque in un approccio sessuale.

Siviero cita anche la “sindrome di Cassandra“, contenuta nel libro “Gli uomini mi spiegano le cose” di Rebecca Solnit. «Cassandra è la giovane donna sorella di Ettore e Paride desiderata da Apollo – scrive la giornalista su Internazionale – Inizialmente Cassandra sembra compiacerlo e il dio, in cambio, le fa il dono della profezia. A quel punto, Cassandra cambia idea, ritira il proprio consenso e lui le sputa in bocca, condannandola a non essere creduta mai».
Ed è proprio questo un tema centrale nel dibattito che si è sviluppato in Italia. Dopo il video di Grillo, infatti, si è parlato di giustizialismo o garantismo, generalizzando un dibattito che non tiene conto delle analisi che riguardano la specifica materia della violenza sessuale. Nella cultura patriarcale, infatti, le donne assai raramente vengono credute quando denunciano una violenza e ciò è una delle stesse ragioni che inducono a non denunciare.

«Non dimentichiamo – ricorda Siviero ai nostri microfoni – che il 60% degli stupri è agito da persone che si conoscono, anche se nell’immaginario lo stupro è agito da uno sconosciuto che ti prende per strada, di notte».
Altro elemento dell’analisi della violenza di genere, che proprio nell’ultima mossa di Grillo trova una conferma, è la definizione stessa della vittima e della sua condotta. La speranza, che comunque rimane tale, di essere creduta dipende dall’accettazione di una passività comportamentale, che distingue tra “donne buone” e “donne cattive”. Una distinzione che i movimenti femministi rigettano.

ASCOLTA L’INTERVISTA A GIULIA SIVIERO: