Contrastare l’artwashing di Israele è possibile. Lo dimostra il fumettista Zerocalcare, che ha annunciato che non parteciperà alla nuova edizione di Lucca Comics, in programma da mercoledì 1 a domenica 5 novembre, a causa del patrocinio dell’ambasciata israeliana alla manifestazione.
Un annuncio che ha sollevato molto clamore e che, da un lato, ha provocato grandi polemiche soprattutto nella stampa mainstream che ha duramente attaccato il fumettista, mentre dall’altro ha indotto l’emulazione di altri artisti, come Giancane e Gli Ultimi.

Lucca Comics, la scelta coerente di Zerocalcare

Nel post in cui annunciava il forfait, Zerocalcare ha spiegato le ragioni della sua scelta, che riguardano le condizioni delle oltre due milioni di persone intrappolate a Gaza sotto i bombardamenti di Israele. Il fumettista, però, ha spiegato di non voler dare lezioni a nessuno, men che meno a coloro che decideranno di partecipare, e ha spiegato di distinguere bene tra lo Stato di Israele e gli autori israeliani del poster della manifestazione, Asaf e Tomer Hanuka. «Non ho mai pensato che i popoli e gli individui coincidessero coi loro governi», ha scritto Zerocalcare.

LEGGI IL POST DI ZEROCALCARE:

Vista la notorietà del fumettista, la notizia ha fatto molto discutere. E in un clima già teso e polarizzato, con il cieco sostegno occidentale ad Israele che ha già innescato censura e ostracismo nei confronti di Patrick Zaki e Moni Ovadia, c’è chi ha attaccato frontalmente Zerocalcare sfociando nella diffamazione. È il caso del quotidiano Libero, che nel titolo di un articolo firmato dal caporedattore Francesco Specchia definisce Zerocalcare “antiebreo”.

Zerocalcare
L’articolo di Libero

Anche l’organizzazione di Lucca Comics ha commentato la decisione del fumettista. Da un lato, si precisa che il patrocinio dell’ambasciata israeliana non è oneroso, dall’altro fa un discorso che depoliticizza la questione. «Lucca Comics & Games – si legge nel comunicato – mette da sempre al centro solo ed esclusivamente l’opera intellettuale e creativa, le persone: il nostro lavoro, il nostro percorso valoriale, e la nostra storia parlano per noi».

Lucca Comics
Il comunicato di Lucca Comics

A commentare la vicenda, sul Domani, è l’editrice e sceneggiatrice di fumetti Antonia Caruso, in un articolo intitolato “Zerocalcare non va al Lucca Comics: il valore del sottrarsi“.
«Il punto è che il comunicato di Lucca Comics non dice niente – sottolinea Caruso ai nostri microfoni – Secondo me avrebbero dovuto esplicitare il loro posizionamento già almeno due settimane fa, perché oggi è il 30 ottobre e il conflitto è cominciato il 7».

Lucca Comics, in particolare, è l’evento di settore più grande d’Italia e per questo ci sono piccoli editori che hanno fatto degli investimenti per partecipare. «Anche per questa ragione è una questione molto complessa, che riguarda più gli attori piccoli del settore», sottolinea Caruso.
Il comunicato di Lucca Comics, del resto, sembra aver la pretesa di depoliticizzare e deresponsabilizzare il mondo dell’intrattenimento. «Non si può pretendere che tutto sia depoliticizzato così come non si può pretendere che tutto sia politicizzato – continua l’autrice – Nel comunicato si parla di differenze e convivenza delle differenze. Il punto è che una delle differenze è che ci può essere un fumetto e un intrattenimento politicizzato. Se dici che tieni alle differenze e poi quando ce n’è una te ne allontani non regge tanto come discorso».

Caruso smonta anche la pretesa che tutta l’arte possa essere neutrale. «L’arte, al di là della questione formale, è comunque una risposta ad altri stimoli, a quello che l’artista percepisce – sottolinea – Quasi tutta l’arte del Novecento è una risposta agli avvenimenti che accadevano intorno e anche l’arte che consideriamo non politica aveva un posizionamento rispetto a delle cose che succedevano fuori, non è solo una questione estetica e di bellezza».

ASCOLTA L’INTERVISTA AD ANTONIA CARUSO:

La strategia israeliana di artwashing per ripulirsi l’immagine

Non è la prima volta che Israele patrocina un’iniziativa culturale e artistica, al punto che la Campagna Bds (Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni) contro l’apartheid israeliana nei confronti dei palestinesi ritiene che quella di Tel Aviv sia una vera e propria strategia di artwashing, cioè il tentativo di ripulirsi l’immagine finanziando o sostenendo iniziative artistiche fuori dal proprio territorio.
Anche in questo caso, chi si oppone all’operazione israeliana non si schiera contro gli artisti, ma contro lo Stato di Israele e le sue politiche.

Prima di Lucca Comics, lo Stato israeliano ha sostenuto iniziative artistiche anche in Emilia-Romagna. Nel 2022, in particolare, quattordici compagnie di danza e gruppi artistici palestinesi hanno scritto ai festival Danza Urbana di Bologna e Ammutinamenti di Ravenna per chiedere che i finanziamenti del governo israeliano venissero rifiutati.
Stesso copione, sempre nel 2022, per il Festival di Sidney. Oltre 70 organizzazioni e personalità ebraiche hanno firmato una lettera aperta a sostegno del boicottaggio del festival e decine di artisti e performer hanno deciso di ritirarsi. Anche in quel caso l’ambasciata israeliana in Australia ha donato 20 mila dollari a sostegno di un coreografo israeliano.

«Anche in Scozia, ad Edimburgo, è successa una cosa del genere – racconta ai nostri microfoni Stephanie della Campagna Bds – Grazie ad una campagna appoggiata dal regista Ken Loach si è riusciti a convincere gli organizzatori del festival a restituire i soldi ricevuti dall’ambasciata israeliana».
L’attivista sottolinea che quella israeliana è una strategia conclamata. E gli stessi artisti israeliani sono spesso chiamati a firmare contratti quando viaggiano all’estero.

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