Da un lato il G7 e la messa in discussione di alcuni Paesi di quello che fu il “blocco occidentale” della Via della Seta, dall’altro la Nato, che afferma di voler affrontare «le sfide che l’ascesa della Cina pone alla nostra sicurezza».
Anche se è stata evocata dicendo di non voler tornare a quella situazione, c’è odore di Guerra Fredda nei confronti di Pechino. E anche se alla Casa Bianca non siede più Donald Trump, che con la Cina aveva ingaggiato una guerra commerciale a suon di dazi, gli sgambetti alla potenza emergente non sembrano affatto finiti.

Via della Seta, la contromossa del G7 contro la Cina

Durante il vertice che si è tenuto in Cornovaglia e si è concluso ieri, i leader del G7, riuniti in Cornovaglia, hanno approvato il Build Back Better World (B3W), un piano globale di infrastrutture per i Paesi a basso reddito che, nei fatti, suona come una risposta a un progetto simile lanciato dalla Cina, la cosiddetta Via della Seta. Anzi, l’obiettivo è ancora più esplicito: contrastare l’influenza di Pechino nel mondo.
In particolare il presidente statunitense Joe Biden vuole contrastare gli interventi della Cina in Asia e Africa contrapponendovi un proprio piano di investimenti globali.

L’Italia, dal canto suo, sotto la presidenza di Mario Draghi sembra orientata a ritornare nei ranghi, dopo che il nostro Paese, quando presidente del Consiglio era Giuseppe Conte, era stato l’unico in occidente ad aver aderito alla Via della Seta.
«Per quanto riguarda l’atto specifico, lo esamineremo con attenzione», ha detto Draghi in conferenza stampa. Un messaggio che, in politichese, significa che non esclude che quegli accordi possano essere rivisti o direttamente smantellati.

Le argomentazioni utilizzate dai leader del G7 per attaccare la Cina riguardano sostanzialmente i diritti umani. Pechino non ne è tra i sostenitori più accaniti e nei suoi territori le violazioni sono costanti, ma l’argomentazione dell’Occidente non risulta credibile dal momento che i Paesi del G7 stipulano accordi di comodo con dittatori di diverse aree geografiche del mondo.
«I giorni quando le decisioni globali erano dettate da un piccolo gruppo di Paesi sono finiti da molto», ha affermato un portavoce dell’ambasciata cinese a Londra.

Sicurezza, la Nato si prepara a fronteggiare l’ascesa cinese

Oltre alla Via della Seta, c’è un altro fronte che vede misurarsi l’Occidente con la Cina. Proprio oggi, infatti, la Nato si ritrova in un vertice in cui la superpotenza asiatica sembra essere uno dei punti all’ordine del giorno.
«Non stiamo entrando in una nuova Guerra Fredda e la Cina non è il nostro avversario, non il nostro nemico», ha precisato il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, aggiungendo però che bisogna «affrontare insieme, come alleanza, le sfide che l’ascesa della Cina pone alla nostra sicurezza. Pechino non condivide i nostri stessi valori».

«Il 2021 è un po’ l’anno della riscossa contro la Cina – afferma ai nostri microfoni Alessandro Albana, ricercatore dell’Asia Institute – I toni più critici nei confronti della Cina sono dovuti a due fattori: da un lato la Cina è diventata protagonista di processi che hanno delle caratteristiche estremamente critiche per i Paesi occidentali, in particolare l’Europa, dall’altro il ritorno degli Stati Uniti nell’alveo della partership occidentale con la fine dell’era Trump».
Per Albana, però, l’obiettivo di isolare la Cina nello scacchiere internazionale non produrrà i risultati sperati, dal momento che la costringerà ad essere ancora più aggressiva, più isolata e più intenta a intrattenere relazioni con una fetta di mondo con cui già intrattiene relazioni molto strette.

ASCOLTA L’INTERVISTA AD ALESSANDRO ALBANA: