Arresti domiciliari per 5 funzionari e dipendenti Eni del centro oli di Viggiano (Potenza). Per loro l’accusa è di traffico e smaltimento illecito di rifiuti. Indagato anche il compagno della ministra Guidi. Bellizzi (NoTriv): “Ce lo aspettavamo. Denunciamo da tempo gli impatti ambientali e questa è la dimostrazione”.

Cinque funzionari e dipendenti del centro oli di Viggiano (Potenza) dell’Eni sono stati posti agli arresti domiciliari dai carabinieri per la tutela dell’Ambiente perché ritenuti responsabili, a vario titolo, di “attività organizzate per il traffico e lo smaltimento illecito di rifiuti“. Fra gli indagati, anche Gianluca Gemelli, imprenditore e compagno della ministra Federica Guidi.
I militari hanno eseguito anche un’ordinanza di divieto di dimora nei confronti di un dirigente della Regione Basilicata. Sono stati inoltre eseguiti anche due decreti di sequestro nel centro oli di Viggiano, dove viene trattato il petrolio estratto in Val d’Agri, con possibili conseguenze sulla produzione: è qui, infatti, che si trovano giacimenti di idrocarburi di interesse nazionale.

I provvedimenti cautelari sono stati emessi dal gip del Tribunale di Potenza nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia e sono stati eseguiti nelle province di Potenza, Roma, Chieti, Genova, Grosseto e Caltanissetta.
Eni non commenta e spiega che i legali del gruppo stanno analizzando la situazione. Il gruppo sottolinea di stare collaborando con la magistratura.

A commentare, invece, ai nostri microfoni è l’avvocata Giovanna Bellizzi, portavoce del Comitato Mediterraneo No Triv.
“È una notizia importante – sottolinea Bellizzi – perché la Basilicata vive da tempo una sorta di emergenza ambientale. Già nel 2013 avevamo segnalato la problematica dello smaltimento dei rifiuti petroliferi e, soprattutto, la correlazione tra l’impattante attività industriale e lo stato delle acque dei nostri mari”.

La notizia si inserisce anche nella campagna referendaria sulle trivelle, in vista della consultazione del prossimo 17 aprile.
Per Bellizzi l’inchiesta giudiziaria smentisce la posizione di chi opterà per il “no” o per l’astensione al referendum, secondo cui le attività petrolifere non hanno impatti ambientali. “Questa è la dimostrazione che sono attività che possono determinare impatti rilevanti sul territorio”.