L’Emilia-Romagna è l’unica regione italiana in cui esiste un vero e proprio movimento, con tanto di coordinamento regionale, che utilizza il teatro come strumento di intervento sociale in carcere.
E una delle componenti di questo movimento, il Teatro Nucleo di Ferrara, ora è raccontata in un libro, intitolato “Libertà vo’ cercando – Il lavoro del Teatro Nucleo nel Carcere di Ferrara” (Edizioni SEB27), che verrà presentato lunedì prossimo, 30 gennaio, a Modo Infoshop.

Teatro carcere, l’esperienza del Teatro Nucleo a Ferrara

“Libertà vo’ cercando” è un libro corale, curato da Horacio Czertok, regista, drammaturgo e attore, ma soprattutto co-fondatore del Teatro Nucleo, che dal 2005 opera all’interno del carcere di Ferrara, un’esperienza che da oltre quindici anni porta cittadini all’interno del carcere per assistere a spettacoli teatrali o porta i detenuti nei teatri, per mettere in scena il frutto dei laboratori realizzati negli istituti penitenziari.
«L’intenzione di questo lavoro è sempre stata quella di creare un ponte tra due realtà separate che si ignorano vicendevolmente – spiega Czertok ai nostri microfoni – con l’idea che quando un detenuto esce deve trovare una società pronta ad accoglierlo, altrimenti non si riesce a superare lo stigma».

Il teatro carcere è nato anche per intervenire su uno dei problemi principali del sistema penitenziario: la recidiva. Sette detenuti su dieci, usciti dal carcere, finiscono per tornarci perché non trovano modi di reinserirsi nella società.
Perché il teatro risulta efficace come strumento di intervento sociale? Il regista non ha dubbi: «Perché il teatro in sé è questo, nasce 2500 anni fa al centro della vita pubblica come luogo in cui viene messo in evidenza il passaggio tra il mito e la storia, dove vengono esposti i problemi di una popolazione». Poi il teatro, in epoca recente, secondo Czertok ha abdicato al suo ruolo quando è diventato mero intrattenimento, con biglietti onerosi che hanno tagliato fuori una fetta consistente della cittadinanza.

Nel corso della longeva esperienza, il Teatro Nucleo non ha operato solamente per offrire un’opportunità alle persone recluse, ma ha lavorato anche sulla qualità degli spettacoli offerti al pubblico.
«Nel 2005 il primo spettacolo fu “Aspettando Godot” di Samuel Beckett – racconta il regista – che sorprese tutti, a partire da noi stessi, per la qualità dell’impegno». Ed è in questo modo che si creano relazioni tra chi sta dentro e chi sta fuori al carcere, attraverso una reciproca conoscenza capace di smontare i pregiudizi attorno al carcere.

Il libro contiene la prefazione di Andrea Pugiotto, costituzionalista dell’Università di Ferrara, da sempre impegnato sul tema carcerario e sostenitore di una riforma che faccia attuare l’articolo 27 della Costituzione, quello che sostiene che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».
Nel volume è presente anche uno scritto di un ex detenuto, che racconta l’esperienza del teatro in carcere dal suo punto di vista. «Forse è il contributo più interessante di tutta la pubblicazione», osserva Czertok.

Alla presentazione a Modo Infoshop interverranno anche Michele Pontolillo, pedagogista e formatore di teatro sociale, e Paolo Billi, che da oltre vent’anni porta avanti un’esperienza analoga al Teatro Nucleo con il Teatro del Pratello di Bologna.
Billi è anche il presidente del coordinamento regionale sul Teatro Carcere. «L’Emilia-Romagna è l’unica regione che ha un coordinamento regionale, che unisce nove realtà che fanno teatro nelle carceri – spiega Czertkok – Insieme discutiamo il lavoro degli altri, insieme cresciamo, ci formiamo e abbiamo avuto l’ascolto delle istituzioni. Vuol dire che questo, che all’inizio era solo un esperimento di teatro in carcere, ora è un movimento co-organizzato e strutturato che si autogestisce».

ASCOLTA L’INTERVISTA AD HORACIO CZERTOK: