L’arresto e la detenzione del rapper catalano Pablo Hasel ha scatenato un’onda impressionante di proteste nella stessa Catalogna e in altre città della Spagna. La vicenda sembra avere aperto il vaso di Pandora e riportato in superficie vecchie questioni mai risolte, come la difficile e incompleta transizione democratica del Paese iberico, che non ha mai compiutamente effettuato una transizione dal franchismo e dove emergono le contraddizioni di uno Stato ancora monarchico.
E se i reati d’opinione sono presenti in tutti gli Stati, l’accanimento delle autorità spagnole si concentra contro una particolare forma di dissidenza.

Pablo Hasel, un caso che scoperchia le questioni irrisolte

Il rapper catalano Pablo Hasel è stato condannato dalla magistratura spagnola a nove mesi di reclusione per apologia di terrorismo e vilipendio della monarchia e delle istituzioni dello stato spagnolo.
Il suo arresto è diventato il simbolo di una battaglia politica sulla libertà di espressione, che getta ombre sulla democrazia spagnola e mette in crisi gli equilibri istituzionali. I suoi testi si sono scagliati più volte contro la monarchia dei Borbone e il retaggio franchista dello Stato spagnolo, commettendo quello che in Spagna viene ancora considerato un reato di opinione.

Il tribunale d’eccezione spagnolo, l’Audiencia Nacional, erede del Tribunale di ordine pubblico di epoca franchista (che si occupava prevalentemente di dissidenti politici) aveva dato dieci giorni di tempo al rapper militante per entrare in carcere, a seguito di una condanna pronunciata nel 2018 per essersi espresso contro la monarchia e le istituzioni spagnole nei testi delle sue canzoni.
Nel pomeriggio dl lunedì 15 febbraio Pablo Hasel si è barricato dentro il rettorato dell’università di Lleida, rifiutando di consegnarsi in carcere, come previsto dal codice penale spagnolo.

L’arresto ha provocato una reazione a catena che ha visto il diffondersi delle proteste non solo in Catalogna, ma in tutta la Spagna al grido di “Pablo Hasel Libertat”. Una goccia che ha fatto traboccare il vaso delle numerose repressioni avvenute in Spagna a danno della libertà d’espressione, di cui Pablo Hasel non è che una vittima. E probabilmente non sarà l’unica, almeno fino a quando non avverrà una riforma del codice penale spagnolo che riporta ancora i retaggi del franchismo. «Non è un caso che il processo sia avvenuto nell’unico tribunale speciale erede del regime dittatoriale», osserva ai nostri microfoni Rolando, attivista che vive a Barcellona.

La detenzione del rapper ha messo in luce alcune contraddizioni che hanno sempre segnato il sistema penale spagnolo. La repressione sta avvenendo attualmente in strada, dove la risposta dei polizia alle proteste non si è fatta attendere e gli scontri si sono propagati violentemente in tutta la Spagna. «In Catalogna ci sono state manifestazioni in più di novanta città – racconta Rolando – Molte si sono risolte in scontri e arresti. Solo a Barcellona ci sono stati 108 arresti e non si fermeranno qui».
Il corrispondente sostiene poi che la repressione giudiziaria si concentra su determinati settori della popolazione spagnola: «Non è mai stato processato qualcuno di destra o un banchiere per aver detto una barzelletta sul re».

Ad oggi sono 14 i rapper che sono in attesa di incarcerazione perché hanno delle condanne per aver cantato versi contro la monarchia e il re. «Tutto ciò viene fatto in nome dell’unità nazionale della Spagna – sottolinea l’attivista – e un grande ruolo lo hanno la monarchia e l’esercito. In realtà queste sono anomalie che rientrano in una cultura di uno Stato che non ha mai fatto i conti col franchismo. Basti pensare che in tutta la Costituzione non c’è una sola norma in cui si dica che la Spagna non è più un regime franchista, in cui si neghi la continuità».

Vittoria Torsello

ASCOLTA L’INTERVISTA A ROLANDO: