Da un lato i disservizi del gestore Ribò nelle mense scolastiche, dall’altro la protesta dei genitori contro la circolare contro le merendine a scuola. Il tema del cibo scalda gli animi negli istituti scolastici bolognesi. Ai nostri microfoni Stefano Mari, dirigente dell’Ic8, spiega il senso della stretta su pizzette e panini a merenda: “Non abbiamo usato la parola ‘divieto’, richiamavamo i genitori al compito di contribuire alla salute dei bambini”.

Mense Scolastiche: continuano i disservizi

Nelle scuole bolognesi il tema dell’alimentazione scalda gli animi e solleva proteste. Attorno al cibo che gli scolari consumano a scuola, infatti, si concentrano due distinte questioni che nei giorni scorsi sono balzate agli onori delle cronache.
Da un lato i nuovi disservizi nella refezione scolastica, che ha portato gli alunni delle scuole a consumare un pasto d’emergenza a base di crackers e fagiolini. Tutto è nato da un’assemblea sindacale all’interno dell’azienda che gestisce il servizio, Ribò, che non è stata così in grado di garantire un menù completo e dignitoso negli istituti scolastici bolognesi.

Il tema delle scarse quantità e qualità dei pasti e quello dei ritardi nelle consegne sono stati già al centro di proteste e mobilitazioni (come lo sciopero del panino) da parte dei genitori. Il Comune di Bologna, nel precedente mandato del sindaco Virginio Merola, decise di intervenire esternalizzando il servizio di refezione scolastica, ma i fatti dimostrano che la questione non è ancora risolta.
Sabato scorso proprio Merola si è arrabbiato col gestore, annunciando che il Comune farà “tutti gli approfondimenti per capire la coerenza dell’erogazione del servizio con quanto da noi richiesto”.
Sarebbe anche interessante verificare se le condizioni economiche della gara emessa dal Comune, che ha affidato il servizio, consentono a Ribò di garantire condizioni lavorative dignitose.

Il tema delle mense, però, non è l’unico al centro di polemiche. La settimana scorsa una circolare firmata da Stefano Mari, dirigente scolastico dell’Ic8 (le scuole del Quartiere Saragozza), ha mandato su tutte le furie i genitori.
La stampa ha parlato di un divieto di portare a scuola merendine che il preside avrebbe sancito. Ai nostri microfoni, Mari spiega meglio il senso e il contenuto del provvedimento.
“Tutto nasce da un percorso partecipativo, che si è sviluppato tra l’autunno e la primavera e che ha portato a modificare il regolamento scolastico – racconta – Siamo intervenuti per motivi legati alla salute pubblica e per una corretta alimentazione dei bambini”.

Il dirigente afferma che, all’interno delle varie scuole dell’Ic8 che complessivamente raccolgono 950 bambini, il 30% degli alunni ha problemi di sovrappeso e il 10% di obesità. A questi vanno aggiunti coloro che hanno intolleranze alimentari, ma anche coloro che non rispettano la piramide alimentare e che, nel corso della giornata, non consumano alcuna delle cinque porzioni di frutta e verdura che i nutrizionisti raccomandano.
Di qui lo stop a pizzette, panini e snack che gli alunni portano da casa, in favore di frutta fresca, frutta secca o verdura. Una scelta che è stata letta come un’imposizione e un divieto, facendo arrabbiare alcuni genitori.

“Nel regolamento e nella circolare non abbiamo usato la parola ‘divieto’ – spiega Mari – ma abbiamo scritto che ‘i genitori sono tenuti‘ a dare ai propri figli frutta o verdura. Ciò significa che i genitori hanno il compito di contribuire alla salute dei bambini”.
Il richiamo, inoltre, riguarda l’unico pasto fornito dalle famiglie, quello relativo alla merenda di metà giornata, per cui la scuola già fornisce un bicchiere di latte. La frutta, dunque, sarebbe un’integrazione e non una sostituzione.