Con contagi che viaggiano sopra i 100mila al giorno, due milioni di ammalati e una riduzione della copertura vaccinale significativa ad appena quattro mesi, l’Italia continua a impostare la propria strategia di contrasto alla pandemia esclusivamente sui vaccini. Anche ieri pomeriggio, nella conferenza stampa tenuta dal presidente del Consiglio Mario Draghi insieme ad esponenti del governo e al coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico, Franco Locatelli, è stato ribadito a più riprese che l’arma a disposizione rimane quella dei vaccini e i provvedimenti adottati dall’esecutivo, come l’obbligo vaccinale per gli over 50, vanno in questo senso.

Vaccini e non monoclonali o farmaci: le ragioni mediche di una scelta

Nel corso della conferenza stampa, però, dai giornalisti si è levata una domanda che riguardava le cure per il Covid, che appaiono piuttosto trascurate o non prese seriamente in considerazione.
In particolare, l’utilizzo di terapie con anticorpi monoclonali in passato ha mostrato una grande efficacia, eppure non è stata una pista battuta su larga scala, così come le scelte delle autorità non sembrano ancora orientarsi verso i farmaci anti-Covid che sono stati sviluppati in questi due anni dall’inizio della pandemia.
Nei settori più scettici verso i vaccini, la scelta dell’Italia (così come di altri Paesi) sembra rispondere più a criteri politici ed economici che a ragioni mediche, ma proprio ieri è arrivata la risposta del coordinatore del Cts e presidente del Consiglio Superiore di Sanità, Locatelli.

«Vi è stata ampiamente attenzione sia agli anticorpi monoclonali, sia ai due farmaci antivirali che sono stati sviluppati», ha detto Locatelli, che poi si è soffermato a spiegare il funzionamento dei farmaci, in particolare con la loro capacità di bloccare l’enzima che permette al virus di replicare.
Il problema degli anticorpi monoclonali, ha spiegato il coordinatore del Cts, è che di attivi sulla variante Omicron ve ne è solamente uno, mentre gli altri hanno perso di attività. «Ed è il motivo – aggiunge – per cui come Cts abbiamo sottolineato l’importanza dell’identificazione della variante prima di procedere all’infusione di un determinato farmaco».

Per quanto riguarda i due farmaci antivirali sviluppati finora, Locatelli ha spiegato che il primo, già disponibile, ha dimostrato una capacità di appena il 30% nel prevenire la progressione della malattia grave. Discorso diverso per il secondo farmaco, che sarà disponibile ai primi di marzo, che ha mostrato un’efficacia dell’89%. Le ragioni per cui non è già disponibile, ha sottolineato il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, è «sempre per scelte temporali condizionate solo ed esclusivamente dalla capacità di fornitura delle aziende farmaceutiche».

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