Mentre nel Paese impazzava la polemica sul monologo di Fedez al concertone romano del Primo Maggio, il tentativo di censura ai suoi danni da parte della Rai e la solita contrapposizione social tra chi osannava il rapper e chi ne evidenziava le contraddizioni, a Bologna, sempre sul palco del Primo Maggio, l’attore, regista e drammaturgo Nicola Borghesi teneva un altro monologo.
Nel giorno della festa delle lavoratrici e dei lavoratori, Borghesi ha ripercorso il periodo della pandemia e la sua gestione per evidenziare i problemi e le sciagure del sistema socio-economico in cui viviamo e di come questo castri la felicità e le aspirazioni di vita delle persone.
Il Primo Maggio, il coprifuoco e le canzoni d’amore: il monologo di Nicola Borghesi
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Borghesi comincia il suo monologo partendo da un ricordo di quando lavorava a Tuzla, in Bosnia. Lì assistette al discorso dell’ex-sindaco, che sosteneva come la ragione per la quale i cittadini non aprissero imprese private nel Paese era perché la vita è troppo breve e le persone vogliono cantare canzoni d’amore.
Da qui parte la riflessione dell’attore, che ripercorre le canzoni dai balconi durante il primo lockdown, nel marzo 2020, quando tutte e tutti noi, smarriti per la situazione improvvisa dettata dalla pandemia, ci siamo ritrovati senza lavorare, chiusi in casa.
Di lì la riflessione si sposta verso i giorni nostri, le difficoltà economiche dettate dalla pandemia, la gestione governativa delle riaperture con il “rischio calcolato“, il permanere del coprifuoco a ricordarci che, nel nostro modello socio-economico, il desiderio e il divertimento non sono contemplati, ma dobbiamo produrre e consumare.
Una critica al capitalismo, dunque, cui Borghesi non è nuovo e che riporta il teatro ad uno strumento per l’analisi del presente e per l’immaginazione di un’alternativa.
Negli stessi giorni in cui il regista, attore e drammaturgo teneva il suo monologo sul palco del Primo Maggio bolognese all’Estragon, era anche impegnato nel primo progetto dalla riapertura dei teatri. In particolare, con la produzione di Kepler 452, ha portato in scena a Castello D’Argile lo spettacolo “Gli altri“. «Si parla di odio, di rabbia, di hater, di disastri aerei, dello sbarco della Sea Watch 3, di quelli che stavano sotto a urlare, di internet, della musica neomelodica, di Niko Pandetta, di noi – lo descrive Borghesi – Delle nostre vite tutte sghembe che ci portano a fare cose mostruose e goffe. Della nostra incapacità di dire “io” e ancor più della nostra incapacità di dire “noi”».
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