I lavoratori di Work Più, azienda che lavora in appalto per Nexive, società acquisita da Poste Italiane, dopo avere scoperto su un sito immobiliare che il loro capannone veniva messo in affitto e che avrebbero perso il lavoro, chiedono un tavolo di salvaguardia con il Ministero del Lavoro e l’assunzione da parte di Poste italiane dei lavoratori in appalto delle strutture di Bologna e Padova e l’anticipo della cassa integrazione. Sono 49 i lavoratori del sito bolognese e undici di Padova ad aver perso il lavoro.

Si Cobas: «Un tavolo col ministro del lavoro e Poste Italiane per la vertenza Nexive»

«Il 27 giugno chiediamo di incontrare Nexive, il committente, e Work Più la società che ha l’appalto e quest’ultima ci garantisce che non ci sono problemi di occupazione», ricostruisce Tiziano Loreti, sindacalista di Si Cobas. Il problema è che le carte in tavola cambiano: il 17 settembre comunicano, infatti, che il 30 dello stesso mese cessano le attività. Quindi il contrario di quello che era stato assicurato ai lavoratori.

Il 23 settembre Cgil Cisl e Uil firmano un accordo con Poste Italiane per armonizzare i lavoratori Nexive come se fossero lavoratori di Poste. Ma, segnando un discrimine tra lavoratori di serie “A” e lavoratori di serie “B”, i 49 lavoratori di Bologna e gli 11 di Padova non entrano a fare parte della trattativa rimanendo, di fatto, disoccupati.

«Quello che noi chiediamo – rivendica Loreti – è come prima cosa la riassunzione anche dei lavoratori di Work Più con Poste Italiane e, poi, l’apertura immediata di un tavolo di trattativa a cui sia presente anche Poste e il ministro del lavoro Andrea Orlando. Abbiamo chiesto ai deputati Andrea De Maria, Francesco Critelli e Gianluca Benamati di farsi carico della promozione di questo tavolo di confronto. Sono mesi, infatti, che aspettiamo che Poste Italiane ci convochi, ma non abbiamo loro notizie e rifiutano di incontrarci».

Le questioni in sospeso sono gravi, perché toccano direttamente la vita delle persone che lavoravano con Work Più: «Percepiranno quanto dovuto? Avranno il Tfr e tutto quello a cui avrebbero diritto? E poi c’è il problema dei lavoratori di origine straniera: come faranno loro con il permesso di soggiorno?», si chiede con preoccupazione il portavoce di Si Cobas.

Medea Calzana

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