Da un lato la prosecuzione dell’aumento della spesa militare, dall’altro in ordine sparso sull’eventuale invio di truppe in Ucraina. Il vertice di Parigi, convocato da Emmanuel Macron per consentire ai Paesi europei di reagire all’estromissione dell’Europa dai colloqui per la fine del conflitto tra Kiev e Mosca, non hanno prodotto uno scatto d’orgoglio nei confronti dello sgambetto di Trump.
«Non potevamo aspettarci che uscissero decisioni pubbliche dal vertice – spiega ai nostri microfoni Francesca De Benedetti, giornalista de Il Domani – sia perché quello era un consesso non ufficiale e solo in piccola parte rappresentativo, sia perché non era plausibile fare annunci in questo stadio, quando ancora dovevano incontrarsi Rubio e Lavrov a Riad».

Il vertice di Parigi conferma un’Europa incapace di incidere a livello politico internazionale

Nonostante la premessa, però, è mancata anche una risposta politica e simbolica all’arroganza di Trump. «In sostanza gli europei si sono radunati per rispondere a un questionario fornito dagli Stati Uniti sulle loro disponibilità ad intervenire una volta attuato il cessate il fuoco, quindi sulle garanzie di sicurezza», sottolinea De Benedetti.
La giornalista sintetizza così la situazione attuale: «Trump sta decidendo il menù e noi pagheremo il conto». In altri termini, a fronte di maggiori spese militari chieste all’Europa, non c’è una maggiore capacità decisionale, di intervento e influenza politica del Vecchio Continente.

La strategia del “divide et impera” che l’inquilino della Casa Bianca sta attuando per eliminare l’Europa come soggetto politico e per trattare con i singoli Paesi europei, quindi, pare funzionare.
Al punto che anche gli osservatori internazionali mainstream, come il Financial Times, mettono in guardia l’Ue, ribaltando due concetti utilizzati per compiacere gli Stati Uniti nell’epoca Biden: “Decoupling e derisking“.
«A usare l’espressione “decoupling” fu la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen in visita negli Stati Uniti e parlando della Cina – ricostruisce De Benedetti – Sostanzialmente significava spezzare i legami economici, commerciali e politici con la Cina».

Quelle parole sollevarono polemiche nell’Ue, dal momento che alcuni Paesi, ad esempio la Germania, avevano relazioni strette con Pechino. Di qui la scelta di von der Leyen di ammorbidire il termine, parlando di “Derisking”, che significa «ok, non rompiamo del tutto ma rendiamoci conto che la Cina non è esattamente un amico», spiega la giornalista.
Ora, però, fa impressione che le stesse strategie vengano suggerite per quelli che sono alleati da sempre dell’Europa, cioè gli Stati Uniti. «Anche i commentatori mainstream della stampa anglofona avvertono l’Europa che gli Stati Uniti la stanno sostanzialmente umiliando».

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