Dalla sindrome vittimistica di Calimero all’applicazione della lezione di Antonio Gramsci sull’egemonia culturale. È questo lo scatto che sembra aver compiuto la destra italiana, in particolare quella radicale, nell’era Meloni.
Un excursus su questa evoluzione del pensiero di destra viene fotografata da un articolo del giornalista Giorgio Ghiglione intitolato “Perché a Giorgia Meloni piace Antonio Gramsci“, pubblicato da Foreign Policy e tradotto sull’ultimo numero di Internazionale.

Gramsci e l’egemonia culturale: una lezione che la destra italiana sta applicando

In realtà l’ossessione della destra per il concetto gramsciano di egemonia culturale non è nuovo, ma risale agli anni ’70. A formularlo è il più importante pensatore della destra europea e forse mondiale contemporanea, Alain de Benoist, che disse come fosse necessario riprendere proprio la lezione di Gramsci sull’egemonia culturale.
«Ovviamente la destra non è comunista, non le piace il pensiero marxiano di Gramsci – spiega ai nostri microfoni Ghiglione – è un pensiero gramsciano di egemonia culturale ripulito quello che utilizzano».

Poiché Meloni in Italia è la prima esponente dell’estrema destra a prendere il potere, ecco che si è presentata la prima occasione per tentare di imporre il proprio pensiero attraverso l’occupazione di tutti i luoghi della cultura attraverso propri fedelissimi, in particolare ex esponenti dell’Msi o di formazioni analoghe.
A rispondere a queste caratteristiche era l’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, ma lo è anche l’attuale, Alessandro Giuli, che non a caso in precedenza fu nominato dal governo Meloni come presidente della Fondazione Maxxi. Emblematico anche l’ultimo libro di Giuli, intitolato appunto “Gramsci è vivo. Sillabario per un’egemonia contemporanea”.

Il giornalista però pone l’accento su un elemento che avrebbe potuto ostacolare la corsa dell’estrema destra verso l’egemonia culturale: l’assoluta carenza di pensatori presentabili.
È per questa ragione che, in Italia, la destra compie azioni di adattamento o vere e proprio appropriazioni di pensatori e personaggi della cultura che in realtà non hanno nulla a che spartire con il suo pensiero. Di qui le dichiarazioni di Sangiuliano su “Dante di destra”, le mostre su Tolkien e il travisamento in chiave ariana dei popoli de “Il Signore degli Anelli” o, ancora, la festa di Fratelli D’Italia, intitolata “Atreju”, come il protagonista di un altro romanzo fantasy, “La storia infinita”, il cui autore non apparteneva alla destra.

Ma l’egemonia culturale che la destra sta costruendo in Italia (e non solo) è possibile a causa di un arretramento dell’egemonia culturale di sinistra? Su questo Ghiglione chiarisce un equivoco: «La famosa egemonia culturale di sinistra è largamente mitizzata – osserva il giornalista – Ci sono scrittori, registi, attori e editori di sinistra, ma il potere della Democrazia Cristiana aveva un peso enorme e un controllo politico enorme». Più che parlare di arretramento dell’egemonia di sinistra, quindi, per Ghiglione l’elemento dirimente è rappresentato dalla novità: «Mentre la cultura di sinistra è inserita in un mondo presentabile e mainstream, la destra finora non c’era mai stata e cerca di entrarci, prendendo personaggi che non sono suoi e adattandoli alla bisogna».

ASCOLTA L’INTERVISTA A GIORGIO GHIGLIONE: