Il 16 dicembre alle ore 18:30 alla Biblioteca Amilcar Cabral (Via San Mammolo 24) si terrà una conversazione su Gloria Anzaldúa a partire dalle recenti pubblicazioni, con Elisabetta Carreri, Paula Satta, Laura Scarmoncin e Valeria Ribeiro Corossacz

Conversazione sulle ultime pubblicazioni della Anzaldùa alla Biblioteca Amilcar Cabral

Luce nell’oscuritàLuz en lo oscuro. Riscrivere l’identità, la spiritualità, la realtà (Meltemi) e Terre di confine. La frontiera. La nuova mestiza (Edizioni Black Coffee); questi i titoli delle ultime opere di Gloria Anzaldùa, affrontate nell’evento organizzato da Biblioteca Amilcar Cabral con l’aiuto di quattro ospiti e conduttrici dell’evento. Donne che hanno curato le introduzioni e le traduzioni dei libri della Anzaldùa e che sono in qualche modo collegate al suo pensiero: Elisabetta Careri, insegnante e parte del collettivo femminista CattiveMaestre, dottora di ricerca in Studi Interculturali; Paula Satta, sociologa argentina, studentessa di astrologia e dottoranda di ricerca in studi di genere, curiosa delle teorie decolonizzanti d’ascolto del corpo e dell’emozionalità. Laura Scarmoncin, traduttrice e redattrice, si è occupata di storia e studi sul genere e la sessualità e ha militato nei movimenti LGBTQ+ e femministi. Valeria Ribeiro Corossacz, docente di antropologia culturale e etnografia a Roma Tre, femminista, italiana e brasiliana. 

Come lei stessa si definiva, Gloria Anzaldúa è stata «scrittrice, poeta teorica femminista-queer chicana texana patlache (parola nahuatl che significa lesbica)» oltre che attivista del movimento per i diritti dei lavoratori agricoli migranti. Paula Satta ai nostri microfoni spiega: «la parola “chicana” è importante perché è lì che si trova la teoria di Gloria, il suo pensiero e il potere del concetto fondamentale che è quello di frontiera». Aggiunge: «i chicani e le chicane sono persone nate negli Stati Uniti ma hanno discendenza messicana […]. Loro non sono stati migranti, ma a causa della guerra del 1848 gli Stati Uniti hanno colonizzato la zona del sud ovest degli Stati Uniti, che era messicano. Quindi si trovano su una frontiera che è stata spostata». Da questo pensiero parte il libro “Terre di confine”, pubblicato postumo con la traduzione a cura di Laura Sarmoncin. Nel libro si mescolano diversi stili di scrittura, storia e mito, spagnolo e inglese, esperienze personali e poesia. È così che Anzaldúa sceglie di introdurci in uno spazio fronterizo, un luogo di passaggio, contraddizioni e conflitti. Un luogo che è altro da tutto ed è altro ancora. Questo luogo geografico è la frontiera tra Messico e Stati Uniti. In questa nuova edizione si è deciso di non tradurre le parti in spagnolo, per esporre chi legge direttamente all’esperienza del bilinguismo e alla fatica di capire poco o di non capire affatto. La prefazione del libro è scritta da Paula Satta, che ai nostri microfoni definisce «un regalo, perché unisce le mie esperienze: il mio essere migrante e il mio attivismo spirituale, attivismo che collega le emozioni al corpo, sia individuale che collettivo». 

L’altro libro oggetto della conversazione è  “Luce nell’oscurità”, e rappresenta il culmine del pensiero filosofico maturato da Anzaldúa. L’autrice valorizza forme e modalità subalterne di essere, sapere e creare, che sono state marginalizzate dal pensiero occidentale, e teorizza il suo processo di scrittura come una pratica artistica, spirituale e politica pienamente incarnata. In questo volume Anzaldúa intreccia gli elementi che danno corpo alla sua particolare forma di attivismo spirituale. Mutuando dalla tradizione tolteca e del Messico contemporaneo ci conduce sulla via di guarigione dello sciamanesimo nepantlero, una terra di mezzo dove politiche sociali e biografie individuali si incontrano alla frontiera per negoziare nuove forme di concepire il mondo, fuori da ogni dualismo e dominio patriarcale.

ASCOLTA L’INTERVISTA A PAULA SATTA: