Con la direzione di Mario Corvini, arriva la New Talents Jazz Orchestra, orchestra residente al Parco della Musica di Roma, con un ospite d’eccezione: Stefano Di Battista al sax
Bologna Jazz Festival: arriva Stefano di Battista
On stage
Stefano Di Battista nasce a Roma il 14 febbraio del ’69 da una famiglia di musicisti ed appassionati di musica.
Ha iniziato a studiare il sassofono all’età di 13 anni in una banda di un piccolo quartiere, composta principalmente da ragazzini. E’ qui che, fino all’età di 16 anni, Stefano ha sperimentato quella che sarebbe diventata una delle qualità essenziali della sua musica: l’allegria. Durante questo periodo ha due incontri decisivi che lo indirizzano verso la sua vocazione: scopre il jazz, innamorandosi del suono “acidulo” di Art Pepper (“…immediatamente volevo suonare in quel modo… fu l’inizio della mia passione”) e incontra l’uomo che diventerà il suo mentore, il leggendario alto sassofonista Massimo Urbani (“lui era un mostro, suonava senza conoscere cosa venisse dopo. Istintivamente.”). La sua starda è ormai segnata: Stefano sarà un musicista jazz. Si iscrive al conservatorio, perfeziona la sua tecnica familiarizzando con la tradizione classica del sassofono (Jacques Ibert, ecc.) conseguendo il diploma con il massimo dei voti all’età di 21 anni. Incomincia poi a suonare in gruppi di vario genere e nel ’92 si trova per caso a suonare al Calvi Jazz Festival; è lì che incontra per la prima volta dei musicisti francesi, primo fra tutti Jean-Pierre Como che lo invita a suonare a Parigi. Per Stefano è una rivelazione (“quando sono arrivato in Francia, avevo l’impressione di essere nato lì. In Italia avevo l’impressione di non esistere…”).
Da quel momento in poi, Stefano ha fatto la spola tra Roma e Parigi, moltiplicando le sue audizioni in modo da procacciarsi qualche ingaggio. Infine si procura due concerti al Sunset di Parigi, con un trio formato dal batterista Roberto Gatto e dal contrabbassista francese Michel Benita. Gatto rinuncia e viene rimpiazzato all’ultimo minuto dal batterista Aldo Romano, che viene colpito dallo stile affascinante del sassofonista. In un attimo è nata un’amicizia tra i due. La seconda sera Stèphane Huchard è alla batteria e invita Laurent Cugny, prossimo a prendere le redini dell’ONJ (Orchestra Nazionale del Jazz). Stefano viene assunto all’istante. In due sere da sogno la vita di Di Battista è cambiata. E’ il 1994 e la sua carriera decolla a Parigi.
Si stabilisce nella città e incomincia la vita sfrenata del musicista. Oltre alla partecipazione al progetto di Aldo Romano dal quale sono scaturite due registrazioni discografiche (Prosodie e Intervista) e la presenza nell’ONJ diretta da Cugny, continua ad incontrare gente, tiene alcuni concerti in trio con Daniel Humair e J.F. Jenny Clark, suona con musicisti americani di passaggio come Jimmy Cobb, Walter Brooker, Nat Adderly, ecc. La carriera di Di Battista è a una svolta. Pilastro dei vari gruppi di Aldo Romano, membro del sestetto di Michel Petrucciani, Stefano incomincia a pensare alla realizzazione di un progetto a suo nome.
Nel ’97 il suo primo album per la Label Bleu, dal titolo “Volare”, lo vede al fianco di Flavio Boltro alla tromba, Eric Legnini al piano (il suo pianista di questi ultimi anni), Benjamin Henocq alla batteria e Rosario Bonaccorso al contrabbasso (“la ritmica che ho sempre desiderato”). Nel ’98 arriva il suo primo ingaggio per la storica Blue Note, per la quale inciderà l’album “A prima vista”, accompagnato dalla stessa formazione di musicisti, che tra le altre cose diventerà il suo gruppo stabile di riferimento. Nel luglio ’00, la registrazione di un disco magistrale dove Stefano è affiancato dall’incomparabile presenza di Elvin Jones alla batteria (il leggendario batterista di John Coltrane), Jacky Terrasson al piano e Rosario Bonaccorso al contrabbasso. Il disco, dall’omonimo titolo, uscirà poi nell’Ottobre 2000. Il nuovo disco, oltre ad avere grandi riconoscimenti da parte della critica internazionale, ha vinto il prestigioso premio francese Telerama, classificandosi al primo posto nelle classifiche europee come disco più venduto.
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Francesco Bettini, responsabile artistico del Bologna Jazz Festival,racconta ai nostri microfoni gli eventi maggiori della rassegna. Afondo pagina ascolta l’intervista
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Big Band Theory
Leroy Jones la definì la più importante big band della new thing, un gruppo destinato ad entrare nella leggenda: l’Arkestra di Sun Ra; sound in bilico tra l’antico suono di Fletcher Henderson e la più sfrenata improvvisazione free collettiva, in un’eterna sospensione tra musica, teatro, preghiera, danze e canti: il guru, in questi abiti da star trek, sogna la favolistica Africa dei Faraoni avvolta nell’universo astrale e vive immerso in un magico musical jazistico.