I nomi di Cinzia Pinna, Pamela Genini e Luciana Ronchi sono solo quelli che nelle ultime settimane hanno riempito le pagine di cronaca nera. I loro femminicidi seguono un triste copione, quello che ha portato alla loro morte per mano di compagni o ex compagni in una cornice patriarcale in cui gli uomini sentono di poter possedere anche la stessa vita delle donne.
Un problema sistemico, dunque, per il quale le contromisure appaiono sempre insufficienti. Dal punto di vista legislativo negli ultimi decenni l’Italia si è dotata di strumenti, in linea con la convenzione di Istanbul, cui però non è affiancata un’efficace prevenzione.

Educazione sessuo-affettiva e consenso informato: le mosse della destra

È in questo contesto il Parlamento italiano discute il ddl Valditara, un provvedimento che porta il nome del ministro dell’Istruzione e che, con un emendamento della maggioranza, vorrebbe limitare o addirittura vietare l’educazione sessuo-affettiva a scuola, in particolare nelle scuole elementari e medie.
La ragione starebbe nell’impedire che tra i banchi di scuola si infiltrino visioni “ideologiche”. Il riferimento è allo spauracchio agitato dai teocon della famigerata “teoria del gender”, che in realtà è una costruzione propagandistica della stessa destra di matrice omolesbobitransfobica.

Da tempo, inseguendo le posizioni dei movimenti antiscelta e fondamentalisti cattolici, la maggioranza che sostiene il governo Meloni ha iniziato una battaglia all’interno della scuola.
Lo stesso ddl Valditara vorrebbe introdurre il principio del “consenso informato”, uno stratagemma per limitare la libertà di insegnamento sancita dalla Costituzione. Secondo il disegno della destra, per l’insegnamento di qualunque tema considerato in modo non ben precisato “sensibile” sarebbe necessario che i genitori di alunne e alunni firmino un consenso. In caso contrario, l’allieva o l’allievo dovrebbero essere dispensati dalla lezione. Molte realtà che gravitano attorno alla scuola hanno evidenziato i rischi del “consenso informato”. Oltre alla limitazione della libertà di insegnamento, potrebbero generarsi paradossi secondo cui i genitori che credono in teorie creazioniste potrebbero opporsi all’insegnamento di materie scientifiche, ad esempio sull’evoluzione della specie.

Cos’è l’educazione sessuo-affettiva e perché la destra vuole vietarla

«L’educazione sessuo-affettiva è obbligatoria in diversi Paesi europei – spiega ai nostri microfoni Barbara Piccininni dell’associazione Cattive Ragazze – e non è l’educazione alla sessualità biologica, non si spiega il funzionamento degli organi sessuali o come avviene la fecondazione, ma è un’educazione alle relazioni, al rispetto dell’identità e della diversità, al consenso».
Piccininni sottolinea che secondo l’Oms e la Convenzione di Istanbul è proprio l’educazione sessuo-affettiva l’unico vero strumento a disposizione per interrompere la catena dei femminicidi e della violenza di genere.

«È questo il tema vero per il quale la destra vuole vietare l’educazione sessuo-affettiva – sottolinea l’esponente di Cattive Ragazze – perché non vuole sentire la parola “genere” e contempla relazioni solamente eterosessuali tra un uomo e una donna e una divisione dei ruoli ben precisa».
Tra le argomentazioni utilizzate per vietarne l’insegnamento a scuola, lo stesso ministro Valditara ha sostenuto che sarebbe un tema che va affrontato all’interno della famiglia.

Anche se il ddl non è ancora diventato legge, però, in alcune scuole si registra la cancellazione di alcuni progetti di educazione sessuo-affettiva. Il clima che si respira, quindi, è alla base di forme di autocensura da parte dei docenti e delle scuole.
«Noi avevamo messo in guardia da tempo sul rischio che questi strumenti avrebbero condizionato le programmazione – evidenzia Piccininni – Io invito tutte le scuole e i genitori che hanno docenti che hanno ritirato i progetti a manifestare che questo è un atto illecito, sia perché il divieto non è ancora diventato legge, sia perché anche la legge avrà dei buchi. Ad esempio il divieto alle primarie e alle medie varrà per esperti esterni, non per i docenti interni».

ASCOLTA L’INTERVISTA A BARBARA PICCININNI: