Un trittico di Aterballetto inaugura la nuova stagione di danza al Teatro Comunale di Bologna. Apre la serata Glory Hall, nuova coreografia di Diego Tortelli come viaggio sensoriale tra luce e oscurità in un suggestivo succedersi di atmosfere evanescenti con i danzatori talora appena visibili o inondati da fasci luminosi in un continuo tremare, ondeggiare della luce tra sonorità rock e momenti più melodici e sinfonci. Segue poi il duetto femminile di Reconciliatio, con la coreografia di Angelin Preljocaj, già apparso a Memorare ’24, nella Basilica di San Petronio lo scorso settembre sulla Sonata al chiaro di luna di Beethoven e costumi di Igor Chapurin che presentano delle strane maniche che possono sembrare ali, ma danno una sensazione di qualcosa di robotico. Conclude la serata la coreografia Solo Echo ideata da Crystal Pite su musiche di Brahms: Sonata in Mi minore per violoncello e pianoforte op 38 allegro non troppo e la Sonata in Fa maggiore sempre per violoncello e pianoforte op 99 II. Adagio affettuoso. La musica accompagna il cadere della neve in un luogo non luogo in cui sembravano incontrarsi giovani a giocare tra loro e con la neve, scivolando su lastre di ghiaccio o forse pattinando. I danzatori,indossando i calzini riescono a scivolare dando la suggestione dell’incedere sul ghiaccio lasciando una gioiosa immagine come di giochi senza tempo in un inverno da riempire di amicizia.

Della prima parte della serata, dedicata alla novità in prima assoluta Glory Hall, resta impresso il legame tra luce e danza, una sapiente illuminazione con fasci bianchi dall’alto e l’alternarsi di semioscurità e luce piena, ma concentrata solo su specifici punti del palcoscenico. La coreografia ha momenti di interesse, specie alcuni duetti e soli in penombra. Particolare l’uso, verso la fine, di voci gutturali, respiri sonori e suggestivo il far arrivare i riflessi delle luci tremolanti in platea quasi a creare uno spazio immersivo comune tra scena e uditorio.

Reconciliatio è una coreografia ispirata alla lettura dell’Apocalisse, ma senza puntuali riferimenti al testo di San Giovanni, quanto piuttosto un riferimento allo svelamento, al mettere in evidenza elementi del nostro mondo che sono però sottratti allo sguardo. Il duetto si sviluppa in gran parte con movimenti a terra o che tendono verso il basso, allo strisciare, all’entrare in profondità, forse proprio perché per svelare occorre essere prima andati dentro alle cose o ai fenomeni. Se il costume suggerisce esseri alati, o forse anche un pò cyborg, l’intera coreografia sembra dare una sensazione di freddezza, come se le due danzatrici tenessero a distanza chi guarda, senza un coinvolgimento nel rito iniziatico che si compie.

Solo Echo è legato a una poesia di Mark Strand “Lines for winter” del 1979 dedicata a Ross Krauss, poesia che ci immette in un freddo inverno in cui ci si confronta con il proprio essere dovendo concludere “in quel definitivo fluire del freddo nelle membra/ che ami quello che sei”. La coreografia di Pite è un riallestimento rispetto alla versione del 2012 per il Nederlands Dans Theater e ha una cifra estremamente vitalistica. Nell’incessante cadere della neve si verificano incontri, scambi, giochi, un fluire di gesti ed emozioni che non cedono in nessun momento alla paura del freddo o ad altre immagini negative mentre forse affermano, prendendo spunto dal verso del poema “ciò che sai… non è niente altro che la canzone suonata dalle tue ossa mentre continui a incedere”. E la canzone suonata dalle ossa dei giovani danzatori che sembrano giocare e scivolare sotto la neve ha il sapore del gioco infantile lungo tutta la coreografia. Non sembra essere rappresentata esattamente una storia, ma vengono create immagini momentanee, incontri estemporanei tra coppie, gruppi, in cui fluiscono emozioni diversificate di affetto, complicità, sfida in un continuo incontrarsi e lasciarsi. E dichiaratamente Solo Echo voleva porre al centro della danza l’amore, la perdita e l’accettazione. Ottime le luci realizzate da Tom Visser che isolano i danzatori mentre il palco è completamente vuoto e nero con solo l’immagine del cadere soffice e persistente della neve. Molto efficaci i fermo immagine che fanno da contraltare al dinamismo interno della coreografia che prevede un numero sempre diverso di danzatori in scena in alternanza con una tempistica ben dosata.

La serata è stata sicuramente piacevole, i danzatori e le danzatrici hanno riscosso successo catturando applausi per tutte le tre coreografie proposte anche se l’impressione generale è di aver assistito a uno spettacolo di valore, ma che non aggiunge nulla di nuovo a quanto abbiamo visto su quello stesso palcoscenico o su altri, come se Aterballetto con il trittico non fosse riuscita ad aggiungere una nota personale alla ricerca coreografica. Uno spettacolo ben fatto con professionalità alte che tuttavia non arriva ad entusiasmare.