In occasione del concerto al Bronson (via Cella 50 Madonna dell’ Albero) tornano i Comaneci ad Afternoon Tunes con un nuovo album da presentare: Uh!

 Era il 2009 quando uscì “You a lie”, disco di esordio in casa Madcap per Comaneci. Da allora la band ha suonato il proprio lavoro dal vivo in quasi 300 date in tutta Italia, Europa e Stati Uniti, condividendo il palco con Andrea Rottin (Madcap), Mattia Coletti, Larry Yes and the tangled mess e molti altri. A valorizzare il disco, oltre all’intensa attività live, c’è poi stata la colonna sonora per il film “Acciaio” di Stefano Mordini, la musica per uno spot tv per il Ministero dei Beni culturali, la trasmissione “Ginnaste vite parallele” di MTV e svariate trasmissioni radio nazionali e locali. Il 9 dicembre esce ora “UH!”, disco che alza ancora l’asticella che Comaneci continua a saltare con agilità. Se “You a lie” ha consacrato e perfezionato il “loro” suono, “UH!” si spinge oltre e introduce nell’immaginario della band nuove piste in cui gareggiare, fondendo e ricomponendo assieme i due interpreti, Francesca e Glauco, la cui intesa e complicità li ha fatti diventare una delle live band più apprezzate del panorama italiano

COMANECI. Conosciamoli meglio

L’impressione è che i Comaneci abbiano definitivamente trovato la loro strada e che sia questa la loro musica, quella dell’ultimo lavoro della band romagnola, “Uh!”, terzo sulla lunga distanza. Lunga si fa per dire, visto che anche in questo caso il minutaggio resta breve, dieci canzoni concentrate in una trentina di minuti di musica però davvero intensa, in grado di andare in profondità, e di lasciarci qualcosa, dentro, al termine dell’ascolto. Forse perché è il frutto di una band che è probabilmente al suo apice creativo, che dopo il cambio di formazione e un disco di assestamento, tanti live e un affiatamento che da osservatori esterni pare essere andato sempre in crescendo, ora ha abbandonato definitivamente il piacevole “pop da cameretta” degli esordi. Ad accomunare quello con il suono di questo nuovo disco resta solo la voce di Francesca Amati, che è però meno accomodante che mai e si lascia alle spalle i ripetuti paragoni con Cat Power e Hope Sandoval per andare a sperimentare verso nuovi lidi, grazie anche all’altra metà di questi Comaneci, Glauco Salvo, chitarrista con una lunga esperienza alle spalle che nel progetto ci mette molto del suo. E così può capitare di sentire “The Fall” elevarsi con una lancinante chitarra dal sapore quasi post metal (e forse allora non è completamente un caso che il produttore artistico Mattia “Matta” Dallara venga proprio da quella scena) e subito dopo (sono questi i due pezzi che rappresentano il vero cuore del disco) una sentimentale steel guitar, o qualcosa di simile, chiudere “We came when the frog started talking”. Il suono dell’album resta vicino alla sensibilità del folk, soprattutto americano, quello di Smog e similari, nei pezzi più melodici, anche se dentro ci sono ispirazioni diverse, dal Richard Youngs più sciamanico fino addirittura a Nico, nell’austera “Green lizard”, ma non solo. C’è poi un abbozzo di un pezzo rock che saremmo curiosi di sentire approfondito, “Democracy”, e un esperimento elettronico, simil trip hop, che chiude il disco con tanto di vocoder a sfumare la voce di Francesca. Nel mezzo anche una ballata al pianoforte che ha la stoffa del classico e il crescendo di “The flesh” con tanto di fiati della scuola di musica popolare Ivan Illich di Bologna.

Da segnalare infine (oltre al fatto che alcuni pezzi sono liberamente tratti dalle poesie di Harold Pinter) la collaborazione di Vittoria Burattini, strepitosa batterista dei Massimo Volume, che qui si presta a una sorta di cameo in un paio di episodi. Solito artwork di classe: dopo Ericailcane questa volta i Comaneci hanno scelto per la copertina del loro cd l’artista americana Allyson Mellberg.

Un disco, in definitiva, che riesce nell’arduo compito di essere vario e allo stesso tempo molto personale. Perché a emergere è soprattutto la personalità di questi “nuovi” Comaneci, ora chiara e limpida, quasi un punto di partenza in attesa di crescere ancora, magari soprattutto nel minutaggio degli album, perché arrivati in fondo la sensazione è quella di volerne ancora.