Ha un drammatico record la strage compiuta in una scuola elementare del Texas da un diciottenne. Il bilancio delle vittime dell’istituto di Uvalde parla di 21 morti, di cui 19 bambini e 2 adulti. Una mattanza che supera quella passata alla storia, la strage della Columbine High School del 20 aprile 1999, quando le vittime furono 12 studenti e un insegnante.
Ma la strage nella scuola americana non è l’unico episodio che si è registrato di recente negli Usa. Appena la settimana scorsa a Buffalo sempre un 18enne, suprematista bianco e antisemita, ha aperto il fuoco in un supermercato contro persone afrodiscendenti provocando 10 vittime.

Armi, la scuola americana e le altre stragi: la lobby delle armi è ancora potente

«Possiamo e dobbiamo fare di più. È il momento di trasformare il dolore in azione e di affrontare la lobby delle armi», ha affermato il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, di fronte alla strage in Texas. Parole simili a quelle che abbiamo sentito pronunciare da uno dei suoi predecessori democratici, Barack Obama, che contro la libera circolazione di armi aveva annunciato un giro di vite, evidentemente senza successo.
«Purtroppo molto dipende, più che dalla nazione federale, dalle legislazioni dei singoli Stati – osserva ai nostri microfoni Giorgio Beretta dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere – Occorrerebbe invece una norma nazionale che dia delle restrizioni a tutte le norme dei singoli Stati».

Beretta ricorda che anni fa, sempre negli States, fu fatta una norma per mettere al bando per diversi anni i fucili semi-automatici, quelli più utilizzati in queste stragi. «Questo si potrebbe fare subito – evidenzia Beretta – così come altre norme che richiedono dei controlli non solo sulla fedina penale, ma anche di tipo psichiatrico».
Su questi provvedimenti, però, negli Usa pesa moltissimo la lobby delle armi che controlla di fatto gran parte del Parlamento, in particolare la parte repubblicana.
«In altre parole, gli Stati Uniti sono un Paese in guerra interna da decenni – afferma il responsabile di Opal – perché è il Paese nel mondo, soprattutto occidentale, dove avviene il maggior numero di queste stragi».

Femminicidi e stragi familiari: un problema anche italiano

Il problema delle stragi con armi detenute legalmente, però, non riguarda solo gli Stati Uniti. Anche in Italia un diciottenne può avere facilmente accesso ad una licenza per armi e la procedura di autorizzazione si basa su un’autocertificazione.
«Tutto si basa su un’autocertificazione controfirmata dal medico curante – spiega Beretta – che attesta che una persona non è tossicodipendente, non è un alcolista cronico e non ha particolari turbe mentali. Poi c’è una visita all’Asl, tipo quella per ottenere la patente di guida e occorre un breve corso di mezza giornata al poligono di tiro per imparare il maneggio delle armi».

Procedure semplici, che danno accesso al possesso di un vero e proprio arsenale: tre pistole semi-automatiche con caricatori fino a 20 colpi (le forze dell’ordine hanno caricatori fino a 15 colpi), 12 fucili semi-automatici come quelli utilizzati nelle stragi americane, con caricatori fino a 10 colpi in numero illimitato e senza obbligo di denuncia, un numero illimitato di fucili da caccia, 200 munizioni per armi sportive o pistole e 1500 per fucili da caccia.
«Il tutto – insiste Beretta – grazie ad un’autocertificazione, senza un vero test attitudinale o psicologico, senza un esame tossicologico».

Se è vero che in Italia al momento non si sono registrate stragi nelle scuole o nei supermercati sulla scia di quanto avviene negli Usa, le armi possedute legalmente vengono però utilizzate in molti femminicidi, stragi familiari e omicidi. «Su questo tema ci sono delle proposte di legge in Parlamento, a firma del Pd e di Più Europa – riporta il responsabile di Opal – che chiedono di introdurre almeno dei controlli psicologici e psichiatrici prima di rilasciare la licenza per armi. Già questa sarebbe una norma importantissima».

Più in generale Beretta mette in guardia sull’ideologia e sulla propaganda delle armi anche nel nostro Paese. «Nel 2018 Salvini, andando alla fiera delle armi di Vicenza – ricorda Beretta – firmò un patto d’onore con Unarmi, uno dei gruppi armigeri italiani, che ha come proprio scopo principale propagandare il “diritto alle armi” e di costituire in Italia una lobby, come la Nra, presente negli Usa».
Una vicenda inquietante a cui se ne aggiunge un’altra: alla fiera delle armi di Verona di due settimane fa l’accesso era consentito anche ai minorenni, purché accompagnati dai genitori.

ASCOLTA L’INTERVISTA A GIORGIO BERETTA: