Un po’ a sorpresa Theresa May è riuscita a strappare ai leaders europei un rinvio di due settimane della Brexit, la cui data di inizio non sarà più il 29 marzo bensì il 12 aprile. Ora la premier britannica ha due settimane di tempo per convincere il parlamento ad approvare l’accordo con l’Ue già bocciato due volte negli ultimi mesi.

Brexit: confusione totale sulla data

Per lasciare l’Europa il Regno Unito ha invocato l’Articolo 50 del Trattato di Lisbona, che prevede due anni di tempo per raggiungere un accordo sui termini della separazione. Theresa May ha dato il via a questo processo il 29 marzo 2017 quindi l’Inghilterra avrebbe dovuto lasciare l’Ue venerdì 29 marzo 2019,  ma ad una settimana dalla data di scadenza la situazione sembra più confusa che mai. Theresa May, che ha visto una seconda bocciatura parlamentare dell’accordo negoziato con l’Ue, si è risolta nel tentativo di prendere tempo chiedendo all’Unione Europea di rimandare al 30 giugno l’avvio del processo di fuoriuscita dall’Ue.

“Di fatto per un’ulteriore volta Theresa May cerca di prendere tempo – spiega il giornalista Michele Mastandrea – chiedendo un rinvio fino al 30 giugno di quella che è l’uscita dall’Unione Europea della Gran Bretagna. Il problema è che questo rinvio non solo è un rinvio molto breve, ma soprattutto a quanto ha dichiarato il presidente del Consiglio Europeo Tusk sarà accordato soltanto se la prossima settimana avrà esito positivo una nuova votazione sul piano negoziato tra la stessa May e il negoziatore europeo Barnier. Il problema è che questo piano è già stato bocciato due volte alla Camera dei Comuni dal parlamento inglese. Quindi in questo momento rimane il problema di capire se un eventuale nuovo voto possa avere o meno esito positivo, e in questo momento anche vedendo un po’ com’è il quadro politico nel parlamento inglese questo sembra molto difficile“. Infatti non solo Theresa May gode di una maggioranza abbastanza debole, ma questa maggioranza si è dimostrata estremamente divisa sul fronte della Brexit, con gli unionisti irlandesi da una parte e i conservatori hard-brexiter dall’altra che mirano a due tipi di brexit completamente diversi.

Schiacciata tra queste due ali della propria maggioranza, per May sta diventando impossibile difendere quelli che sono gli interessi principali di una grossa parte del suo elettorato ma anche dei leaders europei, ovvero quelli economici. “Sembra che comunque una buona parte – spiega infatti Mastandrea – anche del mondo imprenditoriale ed economico britannico non sia per niente convinto dall’ipotesi di una Brexit No Deal, anche perché uno dei principali temi dell’accordo negoziato tra May e l’Ue era proprio il fatto che comunque la Gran Bretagna riuscisse a restare all’interno dell’unione doganale europea e quindi che di fatto partecipasse all’interno di quelli che sono poi i movimenti di grandi capitali, investimenti industriali e comunque rimanesse comunque all’interno dei benefici che ritengono derivanti dalla permanenza britannica nell’Unione Europea attualmente”.

Un po’ a sorpresa, Theresa May è riuscita a ottenere due settimane di tempo senza condizioni, posticipando al 12 aprile la data di scadenza per la Brexit. Entro questa data ora la Premier britannica dovrà provare ancora una volta a convincere il parlamento ad approvare l’accordo da lei negoziato con l’Ue, che è già stato bocciato molto duramente due volte. Se dovesse riuscirci la scadenza potrebbe slittare ancora di un mese, arrivando al 22 maggio, ovvero il giorno prima dell’avvio delle elezioni europee.

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