Gli stadi ci sono, ma dove sono gli ospedali? Più scuole, più ospedali, meno stadi. Questi sono gli slogan che i giovani marocchini del collettivo digitale sorto sulla piattaforma Discord e poi propagatosi in altri social, il collettivo GenZ-212 (dal prefisso telefonico internazionale del Marocco) gridano da più di una settimana, quando sono cominciate le manifestazioni in varie località del paese.
Il governo ha destinato 890 milioni ai restyling di 6 stadi e 469 per un nuovo impianto a Casablanca in vista della Coppa d’Africa di questo anno e i mondiali FIFA del 2030 e le proteste si sono accese.
Sono state represse in modo deciso e fermo dalla Polizia e i giovani hanno quindi indirizzato al re Mohammed VI una lettera pubblica con otto rivendicazioni ben circoscritte, orientate non solo a riforme sociali, ma anche politiche, come la protezione dei diritti costituzionali. Il fatto che la lettera sia indirizzata direttamente al re mostra una rottura tra i giovani manifestanti e le istituzioni politiche tradizionali.
Soldi per gli stadi e non per gli ospedali: la Gen Z scende in piazza in Marocco
Quella dei giovani marocchini è una dichiarazione che rappresenta un cambiamento. Se prima si parlava soprattutto di riforme sociali, oggi si parla anche di struttura politica del governo. D’altra parte è stato dichiarato dal collettivo di aver perso fiducia nel Parlamento, nei partiti politici accusati di essere un ostacolo al progresso nazionale piuttosto che il motore della democrazia, di questo sviluppo che è molto presente in Marocco ma evidentemente orientato in una direzione. Nella dichiarazione si legge proprio la volontà di una nuova generazione, che rifiuta di rimanere intrappolata nei cicli di corruzione e fallimento.
Il movimento afferma di voler presentare un dossier di prove a sostegno di questa tesi e della corruzione sistemica, abuso di potere e cattiva gestione catastrofica delle politiche economiche e sociali. Al tempo stesso i giovani credono che il futuro del Marocco dipenda dalla ricostruzione della fiducia tra il popolo e lo Stato fondata sulla responsabilità, la giustizia sociale e la dignità.
Una dichiarazione importante, che arriva nel mezzo di un’ondata di proteste guidata appunto dai giovani in diverse città marocchine, dove migliaia di persone sono scese in strada per chiedere i diritti fondamentali come l’assistenza sanitaria, l’istruzione e condizioni di vita dignitose.
È una protesta nata ad Agadir, dopo che otto donne nel corso di poco tempo sono morte in seguito al parto cesareo in ospedale per la malasanità, mancanza di strutture e di medici. Ad Agadir il rapporto è di 4,4 medici ogni diecimila abitanti, quindi davvero insufficiente.
Le proteste si sono estese poi in molte città e il culmine drammatico è stato il primo ottobre, quando tre persone sono state uccise dalle forze dell’ordine.
La versione ufficiale parla di legittima difesa durante un tentativo di assalto in una gendarmeria per impadronirsi di armi e munizioni, ma è chiesta un’indagine reale per individuare le dinamiche dei fatti.
Il bilancio degli scontri di questa settimana, tra feriti e arresti su larga scala, è stato aggiornato più volte dalle autorità. Si parla di più di 400 arresti e più di 200 feriti.
Il collettivo GenZ-212 ha preso le distanze dagli incidenti, affermando di impegnarsi in favore di proteste pacifiche e ribadendo che queste non sono atti di sfida, ma un invito a una riforma radicata proprio nei principi costituzionali del Marocco. L’appello è stato diretto al monarca, che è visto ancora anche dai giovani come il garante supremo della giustizia e della stabilità.
Le rivendicazioni della Gen Z al centro delle proteste in Marocco
Nella lettera inviata al re, il gruppo si descrive come la gioventù del Marocco che porta un messaggio alla nazione e esprime la frustrazione per un gap sempre più forte tra i diritti costituzionali e la difficoltà di una vita quotidiana che mostra quanto il paese proceda a due velocità. La ricchezza è concentrata su un 10% della popolazione.
Proprio il primo ministro marocchino Aziz Akhanouch e la sua famiglia sono considerati il simbolo di un’oligarchia in ascesa, uno dei primi 12 miliardari africani. Leader del partito liberale, Akhanouch aveva promesso nel 2021, al momento dell’insediamento, un milione di posti di lavoro durante il quinquennio. I dati mostrano invece che la disoccupazione è ancora altissima, si parla del 36,7& di disoccupazione giovanile, di cui il 19& tra i laureati e il 19,4% tra le donne.
Un quarto dei giovani marocchini tra i 15 e i 24 anni è quindi fuori sia dalla scuola che dal lavoro e le paghe medie si fermano a 300 euro, con affitti urbani che sono molto alti.
Le rivendicazioni del movimento sono otto e riguardano le dimissioni dell’attuale governo, la richiesta di procedimenti giudiziari imparziali per le persone coinvolte in casi di corruzione, lo scioglimento dei partiti politici complici di questa corruzione, garanzie di uguaglianza e non discriminazione nell’accesso all’istruzione, assistenza sanitaria e opportunità di lavoro senza favoritismi e nepotismi, tutela della libertà di espressione, rilascio dei detenuti legati alle proteste pacifiche e liberazione di quindi tutti i prigionieri di coscienza, attivisti studenteschi e partecipanti alle rivolte passate, invocando l’articolo 23 che proibisce la detenzione arbitraria e una sessione pubblica nazionale di rendicontazione presieduta dal Re in cui le prove della presunta corruzione e cattiva gestione del governo dovrebbero essere esaminate in modo trasparente.
Si attende quindi la risposta del re, che nel 2011 placò la primavera marocchina varando la nuova Costituzione. Il monarca, quindi, non dovrà tardare a rispondere affinché non venga considerato complice di un sistema di capitalismo ormai di rendita e di clientele, che ha allargato le fratture sociali e gli squilibri locali del territorio. In un vasto territorio come il Marocco, si è imposta un’esigua elite che si sta avvantaggiando dello sviluppo.
Patrizia D’Antonio
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