Prima serata di musica internazionale tra i monti del Tirolo

Dopo diversi anni di partecipazione al Festival Jazz sembra quasi di tornare alla pensione Miramare della riviera romagnola, stesso mare e stesso ombrellone. I volti gentili delle  segretarie, la terrazza vista  Alpi del settore vip, i curati programmi di sala e lo strudel lenzuolo della signora del  gasthause di fronte altro non sono che conferme rassicuranti che tutto è rimasto come l’anno passato.  Tutta l’efficiente organizzazione dei concerti si ripresenta impeccabile e la cittadina montana è pronta per diventare per quattro giorni capitale del jazz in Europa. Ora la parola va alla musica.

Come sempre l’apertura è affidata ai concerti popolari da piazza dove il festival incontra la comunità  vacanziera di questo fine agosto boccheggiante.

Compito questo affidato al Kar Ces Brass Band, un organico sloveno di dieci elementi dove a far da padrone evidentemente sono i fiati, otto ottoni e due sax, più l’accompagnamento di una compiacente ritmica. L’atmosfera è quella dei dirty dozens che attraversano le strade di New York, impastate con sapienza dal leader trombonista in una forma orchestrale fatta di riff, contrappunti e assoli sempre sorretti dagli interventi della brass band. Ritmo, allegria, aria di festa: quello che ci vuole per aprire questi giochi musicali del Tirolo.

 A seguire dal Belgio il trio fisarmonica-chitarra-percussione di Didier Laloy & S-Tres. Un tour da tutte le tradizioni europee, dal balcanico alla rive gauche parigina, dal bretone ai sapori più mediterranei vengono esplicitate dall’istrionico bandoneon di  Laloy che si aggira sul palco come un gatto, facendo del suo strumento un terzo polmone sonoro per respirare meglio malinconie perdute dal vecchio continente.

Ma forse questa di piazza è solo una falsa partenza del festival, in quanto il vero taglio del nastro avviene come di consueto nel settore piccoli eventi dei Short Cuts con l’arrivo della  Allison Miller  batterista e il suo “Boom Tic Boom”, quartetto  importante con la violinista Jenny Sheinman, il basso di Todd Sckafoose e, soprattutto, la pianista Myra Melford.  Allison Miller è una musicista che ama diversificare le sue esperienze, da  Peter Gabriel a Dr.Lonnie Smit e che ora si misura in qualità di band leader. Il responso è fatto di luci ed ombre. Le luci che sprigionano gli assoli di Myra Melford, abilissima nel bilanciarsi in un ambito obliquo tra  classico ed eterodossia d’avanguardia e i lampi emanati dalla violinista Sheinman, dalle movenze di marionetta stanca e dal sound ipnotico, fatto di  spire avvolgenti dove dal sussurro si passa dolcemente ad uno stordimento da danza iniziatica. Peccato per i  diversi momenti in cui il set si perde il filo emotivo, causa magari la presenza un po’ troppo invasiva della percussionista che dovrebbe ben tenere a mente di essere anni luce lontana dai tamburi  parlanti di un Max Roach o di un Art Blackey.

Chiude la prima serata il  Bushman’s Revenge, un trio dalla Norvegia  per chitarra, basso, batteria  con Even Hermansen, Rune Nergaard e Gard Nissen. Il rock entra prepotente della sala gremita di pubblico con il classico interplay che fa della chitarra solistica gran cerimoniere dell’era d’oro degli Hendrix o degli Alvin Lee. Qui ovviamente il contesto è estremizzato nei ritmi e nei volumi (oggi la tecnologia offre la possibilità di dodici pedaliere per modellare la timbrica), e la melodia cede il passo all’impatto fisico  dell’ensemble sempre più dedito a forgiare il brodo primordiale del rock&roll.

Si spengono le luci e tacciono le voci: la prima giornata del festival di Saalfelden ha illuminato alcuni indizi di una ricerca a trecentosessanta gradi dell’universo della ricerca musicale. Vedremo se oggi venerdì gli indizi si faranno prove con un cartellone di tutto rispetto.