Accuse di sdoganare lo spaccio e favorire o normalizzare il consumo. E addirittura la volontà denunciare il sindaco Matteo Lepore per istigazione a delinquere. È così che la destra ha reagito di fronte all’annuncio dell’Amministrazione comunale di Bologna in merito alla distribuzione gratuita e istituzionale di pipe per crack.
Una misura di riduzione del danno per ridurre l’impatto sanitario del consumo della sostanza, ma anche per intercettare più consumatori e persone dipendenti in quella che più volte è stata descritta come un’epidemia dilagante. Dai dati dell’Asl, infatti, emerge che sono già più di 500 le persone seguite a Bologna che abusano della sostanza.

Pipe per crack, la polemica bolognese (e non solo) sulla politica di riduzione del danno

La decisione di Palazzo D’Accursio arriva dopo i risultati di un progetto sperimentale in materia che sono stati presentati in Consiglio comunale a fine luglio. In particolare, in una seduta di commissione consigliare Raimondo Pavarin, docente ed epidemiologo dell’Università di Bologna, aveva presentato i risultati del progetto sperimentale “Fuori Binario”, servizio di Open Group che si occupa di riduzione del danno. L’udienza conoscitiva era stata richiesta dal consigliere di Coalizione civica Detjon Begaj. Illustrando i risultati della ricerca, pubblicati su una rivista statunitense, Pavarin aveva spiegato che «Le persone che mantengono un contatto con gli operatori, se vengono loro offerte particolari opportunità, nel tempo modificano specifici comportamenti a rischio, e distribuire le pipe, attrezzature adatte all’uso per inalazione, sembra una pratica efficace per ridurre comportamenti pericolosi e danni alla salute tra i consumatori di crack».

«Le polemiche sono assolutamente ideologiche e pretestuose – osserva ai nostri microfoni Leonardo Fiorentini, segretario nazionale di Forum Droghe – Sembrano farci ripiombare all’inizio degli anni ’80, quando simili polemiche c’erano per la distribuzione delle siringhe».
Oltre che sulla prevenzione di danni collaterali legati al consumo di crack, Fiorentini sottolinea l’importanza dell’aggancio dei consumatori da parte dei servizi territoriali. Una strategia che, sottolinea il segretario di Forum Droghe, hanno adottato molte Amministrazioni a livello italiano, anche di centrodestra.
«Attraverso un percorso con i servizi – continua – si aumenta anche la consapevolezza sui propri stili di consumo». Non a caso dai risultati del progetto sperimentale emerge anche che la politica di riduzione del danno adottata permette di ridurre anche le quantità di sostanza consumata.

Partito negli Stati Uniti tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, il fenomeno del consumo di crack nella prima ondata non aveva attecchito in Italia.
Negli ultimi anni, invece, si è ampiamente diffuso nel nostro Paese, al punto che molte ricostruzioni giornalistiche hanno parlato di una vera e propria epidemia.
Lo scorso 14 marzo l’Asl di Bologna ha presentato il rapporto annuale sulle dipendenze patologiche. Da questo emergeva che nel 2024 le persone in carico ai servizi sono state 3.889, di cui 2.534 per dipendenze da sostanze stupefacenti illegali, 1.073 da sostanze stupefacenti legali (alcol), 282 per dipendenze da gioco d’azzardo patologico. Per quanto riguarda le persone prese in carico che assumono crack sono passate da 353 nel 2023 a 456 nel 2024.

In una nota congiunta, ieri i consiglieri comunali Samuela Quercioli (Bologna Ci Piace) e Gian Marco De Biase (Al Centro Bologna) hanno contestato la scelta del Comune di Bologna sulla distribuzione di pipe per crack, sostenendo che «Le dipendenze non si combattono rendendo più semplice l’assunzione, bensì affrontando le cause sociali e sanitarie che le generano: povertà, disagio, solitudine, marginalità».
«Certo – commenta Fiorentini – aspettiamo però un investimento da parte del governo sul welfare e sulle case, sulla prevenzione delle marginalità e sui servizi sociali. Francamente non mi sembra che sia all’orizzonte». Per il segretario del Forum Droghe, per l’uso giornaliero di sostanze come il crack serve un approccio scevro da impostazioni ideologiche e molto pragmatismo, utilizzando «strumenti che permettano di limitare sia i danni alle persone che consumano, sia percezione di insicurezza o insicurezza vera e propria, o ancora di degrado nei quartieri dove avviene il consumo». Il riferimento è alle stanze del consumo, altro tema che in Italia sembra essere tabù.

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