In Cisgiordania, nei territori palestinesi, la tensione è alta da mesi, ma sicuramente uno dei picchi si è registrato negli ultimi giorni, quando gruppi di coloni organizzati hanno dato vita a un vero e proprio progrom nei confronti della popolazione palestinese. Centinaia di coloni di ultradestra armati si sono riversati nella cittadina palestinese di Huwara, a sei chilometri da Nablus, dando fuoco a 75 abitazioni con dentro famiglie intere e oltre 100 automobili.
Da inizio 2023 è già di oltre 65 il numero delle vittime per mano israeliana.

In Palestina il pogrom dei coloni israeliani di ultradestra

Se spesso le scorribande dei coloni hanno la copertura dell’esercito israeliano, quest’ultimo negli ultimi giorni sembra aver perso il controllo della situazione. L’obbiettivo dei coloni, riuniti in “milizie ebraiche messianiche” sembra essere la cacciata sistematica dei palestinesi da ogni territorio, per trasformare l’intera Cisgiordania in una colonia.
«Tutto ciò viene incoraggiato sia dai leader dei coloni, sia da esponenti del governo», spiega ai nostri microfoni Romana Rubeo, giornalista di Palestine Chronicle. In particolare si fa riferimento a un tweet di Zvika Fogel, membro della Knesset e membro di Otzma Yehudit, partito di estrema destra che fa parte della coalizione del governo Netanyahu, che incoraggiava le violenze. Ma anche al like, poi rimosso, del ministro Bezalel Smotrich.

A livello internazionale vi sono delle critiche, seppur flebili, ai nuovi insediamenti coloniali israeliani, ma secondo Rubeo «questo governo per sua stessa natura non può fare altrimenti perché, come ha illustrato lo storico israeliano Ilan Pappé, è formato da tre componenti principali e la più forte dal punto di vista della strategia politica è proprio quella dei coloni nazionalisti estremisti che hanno raddoppiato i voti rispetto alle consultazioni precedenti e che esprimono ben due ministri».
In particolare, il corpus elettorale di questi ministri è rappresentato proprio dai coloni di ultradestra che vivono in questi insediamenti e che, sottolinea la giornalista, «vogliono espandere gli insediamenti e ottenere la legalizzazione degli avamposti considerati illegali addirittura dalla stessa legge israeliana».

Nei giorni scorsi in Giordania, ad Aqaba, c’è stato un meeting promosso dagli Stati Uniti in cui le due parti, quella israeliana e quella palestinese, hanno raggiunto un accordo assumendosi l’impegno a prevenire ulteriori violenze sul campo.
Tuttavia, spiega Rubeo, «gli esponenti del governo israeliano poi devono rispondere alle frange più estremiste, che al momento sono prevalenti. Dall’altro lato l’Autorità Nazionale Palestinese sta agendo in un modo che non è rappresentativo di quella che è la volontà del popolo palestinese, che al contrario ha confermato il loro appoggio a forme di resistenza nella Cisgiordania occupata».

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