A tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia di Covid che, tra febbraio e aprile 2020, ha straziato la provincia di Bergamo, è stata chiusa l’inchiesta per epidemia colposa con 19 indagati tra cui l’ex premier Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il governatore della Lombardia Attilio Fontana e l’ex assessore della sanità lombardo Giulio Gallera. Accanto a loro, tra gli indagati, figurano i nomi di alcuni componenti del Cts (Comitato Tecnico Scientifico), come il presidente dell’Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro, il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli, il coordinatore dell’allora Comitato Scientifico Agostino Miozzo e l’ex capo della protezione civile Angelo Borrelli.

L’inchiesta cerca di far luce e individuare le responsabilità di quella tragedia che fu anche sintetizzata in un’immagine, quella delle lunghe file di camion dell’esercito con sopra le bare delle vittime da trasportare fuori regione per essere cremate.
«La conclusione delle indagini, com’è noto, non è un atto d’accusa», ha fatto sapere la procura di Bergamo in una nota. La precisazione sembra rispondere implicitamente alle polemiche politiche che si solleveranno, visti i nomi degli indagati.

Inchiesta sulla pandemia, Agnoletto: «Ora si scongiuri l’insabbiamento»

All’inizio del 2021, proprio sulla gestione della pandemia in Lombardia, il medico e attivista Vittorio Agnoletto aveva pubblicato un’inchiesta indipendente intitolata “Senza respiro”. L’inchiesta, consegnata anche in Procura a Milano, conteneva molti degli elementi, raccolti dallo stesso Agnoletto anche all’interno di una trasmissione su Radio Popolare, che ora sono al centro dell’indagine della Procura di Bergamo.
«La decisione della Procura di Bergamo è un primo passo verso la giustizia – commenta Agnoletto su Facebook – una giustizia che non si fa intimidire da un potere politico che con le sue scelte, o meglio, con le sue mancate scelte, si è reso corresponsabile, insieme al virus, di alcune migliaia di morti altrimenti evitabili».

Ai nostri microfoni, il medico dettaglia meglio. «Questa inchiesta conferma che da parte delle istituzioni ci sono state delle non scelte, a cominciare dalla mancata istituzione della zona rossa nel bergamasco, e delle scelte, tipo la riapertura immediata dell’ospedale di Alzano, che hanno contribuito fortemente alla diffusione del virus e che quindi hanno trasformato i responsabili di queste istituzioni in corresponsabili di migliaia di morti insieme al Covid», osserva Agnoletto.
L’autore dell’inchiesta indipendente sottolinea anche altri fatti, come il mancato aggiornamento del piano pandemico, ma anche l’incapacità di quella che l’Oms definisce una “finestra di opportunità”, cioè il tempo intercorso tra l’individuazione del virus in Cina e l’arrivo in Italia. «Sono trascorse diverse settimane, nel corso delle quali sarebbe stato possibile fare prevenzione e distribuire i dispositivi di protezione individuale ai lavoratori della sanità».

Accanto alla soddisfazione per questo passo giudiziario, però, Agnoletto ravvisa subito un pericolo, quello dell’insabbiamento. «Adesso bisogna evitare che la politica insabbi tutto questo – avverte – La politica è coinvolta con diversi gradi di responsabilità in tutto l’arco della rappresentanza parlamentare. Quindi io penso che dobbiamo aspettarci un tentativo di mettere tutto a tacere, per cui torna fondamentale il ruolo dei comitati, delle associazioni, della società civile. Credo che le bare di Bergamo debbano trovare giustizia».

Il ruolo della scienza: copertura di scelte politiche?

C’è un altro aspetto, però, che si evince dalle carte dell’inchiesta della Procura di Bergamo. Il fatto che nel registro degli indagati siano finiti anche tecnici e scienziati, in particolare dirigenti apicali di istituti scientifici italiani, secondo Agnoletto solleva un interrogativo non di poco conto: «Quanto questi tecnici e scienziati hanno agito, hanno espresso i loro pareri, hanno assunto le decisioni di loro competenza in scienza e coscienza o quanto invece hanno svolto un ruolo di semplice copertura delle decisioni assunte dal potere politico?».

Un interrogativo non secondario, considerate anche le polemiche che ci furono per la mancata zona rossa a Bergamo, conseguenza secondo alcuni delle forti pressioni di Confindustria sul governo. Con la conseguenza che, nella prima ondata della pandemia, il virus si è diffuso soprattutto nelle zone più industrializzate.
«Io credo che chiarire anche questo aspetto – conclude Agnoletto – sia un punto fondamentale anche per ridare credibilità alla scienza».

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