L’allarme lanciato nei giorni scorsi dal presidente della Regione Emilia-Romagna Michele de Pascale sulla situazione della sanità in regione ha sollevato molte reazioni. De Pascale ha sostenuto che i pazienti provenienti da altre regioni italiane stanno mettendo in forte difficoltà la sanità emiliano-romagnola, al punto che fatica a erogare in modo puntuale le prestazioni ai residenti lungo la via Emilia.
Se il Pd sostiene de Pascale, sottolineando che in ospedali come il Rizzoli di Bologna i posti letto sono ormai occupati per la metà da pazienti fuori regione, c’è chi, da destra, plaude al governatore, chi all’interno del campo largo, invita l’Emilia-Romagna a non rinunciare alle proprie eccellenze e chi, da sinistra, critica aspramente le parole di de Pascale.
Le reazioni alle parole di de Pascale sui pazienti extra regione nella sanità emiliano-romagnola
È il sindaco leghista di Ferrara Alan Fabbri ad avere condiviso, da destra, le parole del presidente della Regione Emilia-Romagna. Per quanto proferite con toni diversi rispetto al “prima gli italiani”, slogan in voga nel Carroccio, Fabbri ha ravvisato nelle parole di de Pascale una sorta di “prima gli emiliano-romagnoli”. «Ho ascoltato con attenzione l’intervento del presidente Michele De Pascale sulla sanità in Emilia-Romagna. Un ragionamento che fa eco a quello, di qualche settimana fa, del presidente del Veneto Luca Zaia – ha detto il sindaco di Ferrara – Non posso che dargli ragione, perché lo dico da tempo: l’Emilia-Romagna non può farsi carico di tutti».
All’interno del campo largo, invece, è il M5S ad esprimersi sulle parole di de Pascale. Lo fa il consigliere regionale Lorenzo Casadei, che pur riconoscendo il problema reale sollevato, invita l’Emilia-Romagna a non chiudersi in una sorta di sovranismo sanitario. «L’Emilia-Romagna è attrattiva perché ha eccellenze che curano bene, questo è un valore che dobbiamo difendere con le unghie e con i denti – ha affermato Casadei – Dire “stop ai pazienti da fuori” non è la soluzione, ma non è nemmeno un falso problema. Il punto è che dobbiamo governare le criticità che riguardano il sistema sanitario per garantire ai residenti tempi certi e qualità, ma senza chiudere le porte dei nostri hub di alta specialità. Per questo la partita non si gioca chiudendo i confini regionali al turismo sanitario, ma portando il tema al Governo e in Conferenza Stato-Regioni per evidenziare che servono regole chiare su volumi, priorità cliniche e compensazioni economiche».
A sinistra, invece, le parole di de Pascale non sono piaciute e, anzi, hanno sollevato aspre critiche. È il caso di Rifondazione Comunista, che definisce quello di de Pascale una forma di “razzismo sanitario”.
«Razzismo sanitario. Non ci sono altre parole per descrivere le dichiarazioni del presidente De Pascale sulla migrazione sanitaria – commentano Eliana Ferrari e Stefano Grondona, segretari regionali di Rifondazione Comunista – un linguaggio che riecheggia quello della destra, la stessa che da anni alimenta l’egoismo regionale fino a condividere – insieme, guarda caso, al PD dell’Emilia-Romagna – la richiesta di autonomia differenziata».
Secondo Rifondazione, le parole di de Pascale sono anche prive di fondamento. «I dati pubblicati sui principali quotidiani parlano chiaro – continua il comunicato – il saldo generato dalla migrazione sanitaria in Emilia-Romagna è positivo per 525 milioni di euro, il più alto d’Italia. Una cifra che, oltre all’indotto che genera, contribuisce a sostenere il bilancio della nostra sanità regionale. Denaro che, dalle altre regioni, arriva in Emilia-Romagna assieme ai pazienti. A queste risorse de Pascale vuole rinunciare?».
ASCOLTA L’INTERVISTA A STEFANO GRONDONA:
Le ragioni della migrazione sanitaria: un problema che si autoalimenta
La cosiddetta migrazione sanitaria è il risultato di una disuguaglianza nell’accesso e nella qualità delle prestazioni sanitarie sul territorio nazionale. La direzione è quella sud-nord ed è determinata dal fatto che negli ospedali del nord vengono erogate prestazioni, spesso specialistiche, che nel Mezzogiorno invece non trovano risposta.
«Il regionalismo sanitario, introdotto con la famigerata riforma del titolo V della Costituzione, ha amplificato le diseguaglianze tra nord e sud, generando un sistema sanitario strutturalmente diseguale che offre risposte diverse da regione a regione», commenta Grondona.
«Non possono essere il 3% delle prestazioni ambulatoriali, il 17% dei ricoveri e una percentuale attorno al 10% delle prestazioni di pronto soccorso a mettere in difficoltà un sistema sanitario come quello dell’Emilia-Romagna». A contestare le parole di de Pascale è anche Gianluigi Trianni, ex medico e direttore sanitario ed esponente di Medicina Democratica.
La migrazione sanitaria è un fenomeno che esiste da molto tempo e «da sempre» prevede che le regioni di provenienza dei pazienti paghino le spese al servizio sanitario regionale che eroga la prestazione.
Il meccanismo di finanziamento della sanità, però, non può far altro che acuire le disuguaglianze. «Nel sud c’è storicamente un finanziamento inferiore dei servizi sanitari – spiega Trianni – Il motivo è vario e ha anche ragioni storiche, perché il finanziamento della sanità ha una forte base sulla spesa storica. È chiaro che meno tu sviluppi il sistema sanitario pubblico e meno fondi chiedi e sei in grado di chiedere».
Tuttavia la colpa non può essere fatta ricadere sui cittadini di altri territori che, bisognosi di cure, si rivolgono là dove possono essere erogate. E il loro diritto è stabilito anche dalla legislazione.
«Il ragiomento di de Pascale è purtroppo di destra – conclude Trianni – non ha nulla a che fare con una visione di previsione sociale».
Ma per l’esponente di Medicina Democratica le parole di de Pascale sono sbagliate e autolesive anche dal punto di vista politico: «Da un lato è che ha sposato le posizioni politiche reazionarie e razziste della Lega, dall’altro non apre una vertenza in maniera adeguata col governo nazionale per fare una finanziaria che non blocchi il finanziamento del servizio sanitario pubblico. Come è stato documentato, il finanziamento sanitario in finanziaria, in rapporto all’inflazione, viene addirittura a essere ridotto rispetto alle uscite programmate».
ASCOLTA L’INTERVISTA A GIANLUIGI TRIANNI:







