La serva padrona” è, già di per sé, un titolo sferzante. «Nessuna donna dovrebbe mai vestire i panni della serva», dice il personaggio di Vespone introducendo l’intermezzo buffo di Giovanni Battista Pergolesi. È sferzante soprattutto perché viene rappresentata per la prima volta nel Settecento. Soprattutto se, al titolo, si aggiunge “Donna, vita, libertà”. Perché «la “serva” del titolo non accetta la sua condizione ma lotta e domina il suo padrone. Perché Serpina, la protagonista, padrona lo è dal momento in cui mette piede in scena. Padrona del suo corpo e del suo destino».
A spiegarlo è Salvatore Sito, regista di “La serva padrona. Donna, vita, libertà”, in scena domenica scorsa al Teatro Mazzacorati per la direzione artistica di Francesca Pedaci, soprano e docente di canto lirico al Conservatorio di Bologna.

“Donna, vita, libertà”, lo slogan delle donne iraniane reinterpreta il teatro

È Azadè Oghbatalab a introdurre la rappresentazione. Arrivata a Bologna dall’Iran nel 2005 per studiare cinema, è una decoratrice d’interni e podcaster. Nel 2009, ai microfoni di Radio città Fujiko, aveva commentato il Movimento Verde.
Oggi sui social parla dell’Italia e di Bologna agli iraniani. Ma negli ultimi tempi ha invertito la rotta del racconto, riportando sul suo profilo i crimini del regime iraniano. «Mi sono innamorata di Bologna e dei bolognesi perché mi hanno adottata. È difficile parlare del dolore del mio popolo – dice Oghbatalab – È faticoso parlarvene perché voi siete un popolo libero. A pensarci è strano da dire, ma le donne iraniane hanno avuto il diritto di voto prima di quelle italiane e ora, invece, vivono come se fossero nel Medioevo». Parole che rimangono come impresse sul sipario, accanto allo slogan delle donne iraniane, durante tutta la durata de “La serva padrona”.

Interpretata da Alessandro Branchi, 30 anni, nei panni di Umberto; He Yue, 24 anni, in quelli di Serpina e Luca Mazzamurro nel ruolo di Vespone il teatro, gestito dall’associazione Succede solo a Bologna (dal presidente Fabio Mauri e dalla direttrice Giulia Dalmonte), ha registrato il tutto esaurito. Ad accompagnare i protagonisti, Amedeo Salvato al pianoforte e Giovanna Ceranto al clavicembalo.
«Un’opera musicalmente perfetta», commenta il direttore del Conservatorio Aurelio Zarrelli. Che ha portato al centro dell’attenzione «un tema importantissimo: i diritti delle donne» aggiunge Maria Caterina Manca, presidente del Consiglio comunale di Bologna.

Il regista Salvatore Sito ha usato, per i personaggi, uno stile steampunk (“steam” significa vapore), giocando con anacronismi e tecnologie. Ottima la prova dei cantanti, sia dal punto di vista vocale che interpretativo. Branchi, nel ruolo di Uberto, «è un basso baritono con un colore di voce brunito e una grande capacità interpretativa. Nel repertorio buffo riesce a esprimersi al meglio – afferma Pedaci – He Yue, invece, ha debuttato con grandissima professionalità nel ruolo di Serpina. Fondamentale è stato anche il contributo di Valentina Frabbetti, che ha lavorato benissimo con trucco e parrucco». La rassegna “Passione in musica”, con la direzione artistica di Francesca Pedaci, prosegue al Teatro Mazzacorati (via Toscana 19) con un ricco cartellone di appuntamenti. I prossimi: mercoledì 15 marzo alle 20,30 con “Il sassofono e la musica barocca” e mercoledì 22 marzo alle 20,30 con “La chitarra tra Spagna e Sudamerica”.
Il programma completo: https://www.teatromazzacorati1763.it

Amalia Apicella