Con un emendamento al ddl Sicurezza, la Lega vorrebbe sottrarre gli agenti di polizia indagati per abusi in divisa alla giustizia ordinaria, creando invece un regime speciale.
In sintesi, l’emendamento propone che nei casi a carico di presunti abusi compiuto dalle forze dell’ordine, in particolare per fatti “relativi all’uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica” mentre sono in servizio, le indagini non siano più in capo ai pm, ma all’Avvocatura dello Stato.
Un regime speciale per le indagini sugli abusi della polizia
L’emendamento è stato depositato dai deputati della Lega Igor Iezzi e Laura Ravetto nelle commissioni parlamentari che stanno esaminando il ddl di iniziativa governativa intitolato “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario”.
La proposta dei leghisti prevede di aggiungere un articolo (il 335 bis) al codice penale che verrebbe denominato “Fatti commessi in servizio da agenti o ufficiali di pubblica sicurezza, agenti o ufficiali di polizia giudiziaria o da militari relativi all’uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica”.
Nello specifico, gli accertamenti sull’operato degli agenti spetterebbero all’Avvocatura dello Stato, che solitamente fornisce consulenza giuridica, tutela e rappresentanza dello Stato e delle pubbliche amministrazioni italiane, che dovrebbe verificare la “legittimità dell’azione degli operatori e in particolare al rispetto dei protocolli operativi concernenti l’uso della forza, avvalendosi, laddove necessario, dell’opera di consulenti tecnici ed informando, senza ritardo, il procuratore generale dell’esito dell’attività“.
«Già adesso sappiamo che la legge non è uguale per tutti, perché è difficilissimo portare in tribunale una guardia abusante – osserva ai nostri microfoni Checchino Antonini di Acad, Associazione contro gli abusi in divisa – Con questo emendamento potremmo arrivare ad una situazione in cui la legge era uguale per tutti, perché vuole cristallizzare una situazione e fare scudo totale per gli agenti che si rendono protagonisti di abusi».
Antonini sottolinea almeno due profili di incostituzionalità di questa misura, in particolare la violazione dell’articolo 3 che dice che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge e l’articolo 112, che sancisce che il pm ha l’obbligo di esercitare l’azione penale.
L’emendamento quindi con ogni probabilità non supererà il vaglio costituzionale, ma da un lato è un ennesimo ammiccamento all’elettorato in divisa, dall’altro secondo l’esponente di Acad va inquadrato in un contesto repressivo e autoritario. «In questi due anni il governo in carica ha prodotto decreti contro i rave, contro gli ambientalisti, contro chi occupa, contro gli studenti che fanno blocchi stradali – ricorda Antonini – Fino al provvedimento del 14 maggio scorso con cui il ministro Carlo Nordio ha istituito il Gruppo di Intervento Operativo, il braccio armato della polizia penitenziaria che potrà intervenire nelle carceri». Nello stesso ddl Sicurezza, inoltre, le rivolte carcerarie diventeranno una nuova fattispecie di reato.
ASCOLTA L’INTERVISTA A CHECCHINO ANTONINI:







