Ennessima aggressione agli artisti israeliani, contrari al governo di Netanyahu. La cantante Noa è stata insultata al suo arrivo all’aeroporto di Tel Aviv e come lei, solo qualche giorno prima, anche lo scrittore Yehonatan Geffen è stato aggredito direttamente in casa. Due casi di minacce legati alla progressiva fascistizzazione della società israeliana, come ha spiegato Moni Ovadia.

Solo venerdì scorso qualcuno ha aggredito lo scrittore e poeta Yehonatan Geffen, colpendolo direttamente all’interno della sua abitazione, ora in Israele è la volta di Noa, la famosa cantante israeliana, che pochi giorni fa è stata minacciata verbalmente al suo arrivo all’aeroporto di Tel Aviv.
‘Nemica d’Israele – le è stato urlato – ti tratteremo come Yehonatan Gefen. Due casi di insulti ed aggressioni ad artisti, considerati invisi a molti israeliani per le loro dichiarazioni contro l’occupazione dei territori palestinesi, che si manifestano sempre più spesso all’interno di un Paese che si considera un esempio di democrazia nel Medio Oriente.

Siamo di fronte ad una progressiva fascistizzazione della società dove non si è liberi di esprimere la propria opinione. Gran parte degli israeliani ha una visione della situzazione che si innesta su un’ideologia ipernazionalista che accetta il linguaggio fascista e nazista” spiega l’artista ebreo Moni Ovadia che, come Grossman, Oz e Pappe, nel corso della sua vita ha ricevuto diverse minace, di cui però, come dice lui, se ne frega. “Anzi, sono fiero di ricevere degli insulti da dei fascisti” aggiunge lo scrittore.

Tra i responsabili di queste minacce, che ultimamente stanno aumentando nei confronti di artisti ed intellettuali, non proprio in sintonia con il governo israelino, la cantante Noa ha inserito anche il premier Benjamin Netanyahu, accusato di aver favorito un clima di radicalizzazione politica prima e dopo la sua campagna per le elezioni. Per Ovadia, però, ciò che il leader della destra sta portando avanti è legato alla ideologia del sionismo revisonista a cui appartiene.
“Netanyahu viene da un pensiero che ha in sè a monte principi antiarabi legati alla presa di posizione che Israele sia la terra degli ebrei ed i palestinesi siano degli intrusi, peccato però che sia il contrario” continua lo scrittore che aggiunge anche come questo modo di pensare stia rovinando quello che era l’ebraismo originario.

La reazione del mondo della cultura ai continui soprusi perpretrati dai nazionalisti israeliani, in passato e ora, ha puntato su una serie di azioni di boicottaggio, evitando di fatto di intrattenere relazioni culturali con il regime della sedicente unica democrazia del Medio Oriente. “Anche io sono favorevole al boicottaggio che deve essere esteso ovunque: si tratta di un’arma democratica legittimata dalla politica del premier. L’unico rischio è che venga usato come strumento di autovittimizzazione per tacciare di antisemitismo chi non si relazionerà con Israele, ma se graduato ad ogni contesto potrà ottenere dei buoni risultati” conclude Ovadia.