Dopo la pubblicazione del report dell’Istat sulla povertà assoluta in Italia, che ormai tocca un cittadino su dieci, emergono i focus anche per i territori. Per l’Emilia-Romagna lo ha fatto ieri in commissione l’assessora regionale Elena Mazzoni, che ha la delega per il contrasto alla povertà.
I dati raccontano che nel 2024 in Emilia-Romagna più di una famiglia su quattro (25,7%) ha dichiarato di non riuscire a risparmiare, mentre il 14,4% sostiene di non riuscire a far fronte a spese impreviste a causa delle proprie difficoltà economiche. L’8,8%, invece, non riesce ad arrivare a fine mese. Nel complesso, il 31,1% giudica scarse o insufficienti le risorse economiche degli ultimi 12 mesi.

Dal 2019 al 2024 la povertà in Emilia-Romagna è raddoppiata: i dati

Nel corso dell’illustrazione è emerso che, nel 2024, le famiglie che vivono in condizioni di povertà relativa sono stimate in circa 132mila, il 6,4% del totale delle famiglie residenti in regione (nel 2019, in periodo pre-Covid, erano il 3,2%). Le persone in situazione di marginalità estrema, invece, sono 8.400: si tratta di donne per il 28,3% e di uomini per il 71,7% (il 28,6% con cittadinanza italiana e il 71,3% con cittadinanza Ue ed extra Ue). Numeri di un disagio materiale che emergono anche in una regione come l’Emilia-Romagna, dove il reddito medio mensile per famiglia è di circa 3.600 euro al mese (fra i più alti d’Italia) e il tasso di occupazione si attesta al 70,3% (contro il 62,2% di media nazionale).

Da questi dati, riferiti al 2024, parte il piano regionale per il contrasto alla povertà 2025-2027, presentato da Mazzoni e approvato dalla commissione Politiche per la salute e politiche sociali. Il piano prevede che nel triennio 2025-2027 la Regione conti di impiegare oltre 124 milioni di euro per il contrasto alla povertà, risorse provenienti dal fondo nazionale povertà (quasi 62,5 milioni), dal fondo nazionale povertà estrema (5,2 milioni di euro), dal Pnrr (36,4 milioni), dai fondi Fse-Integra (quasi 8 milioni di euro). Altri 12,3 milioni di euro sono previsti, per il 2025, per il rafforzamento del servizio sociale professionale secondo una quota quantificata annualmente.

Un documentario sulla povertà a Bologna

«La vera povertà è quella relazionale, perché come si suol dire, a Bologna un pasto lo trovi sempre, ma la persona con la quale puoi parlare no». A volte per raccontare storie di povertà è bene cominciare dalla fine, e queste ultime parole dell’intervista al giornalista Stefano Ferrari, racchiudono al meglio lo spirito del suo ultimo film “I nuovi poveri. Un’indagine sulla povertà a Bologna”, commissionato dalle Acli della città.
Il documentario, che sarà proiettato al Circolo San Tommaso d’Acquino, venerdì 24 ottobre alle 21:00, svela la parte nascosta o spesso ignorata di Bologna: una cronaca delle voci costrette a vivere tra le tortuose vie cittadine, senza più certezze o un tetto sotto cui ripararsi, ma ciascuno con un vissuto che, ora, potrà essere ascoltato. «La storia nasce dal quotidiano, da quello che vedo tutti i giorni a Bologna ed intorni – spiega Ferrari – Grazie al mio lavoro da giornalista ho regolarmente l’opportunità di toccare con mano diverse storie. E allora ho voluto capire, intervistando i protagonisti che cosa si nasconde nell’altra metà della luna di Bologna, cioè cosa si nasconde, diciamo così, sotto il tappeto».

Ma chi sono questi nuovi poveri? Potenzialmente chiunque, perché «basta perdere un posto di lavoro su due persone in famiglia, basta che ci sia la macchina da cambiare o un elettrodomestico che si rompe, ed ecco che una buona fetta di bolognesi e di italiani scivola nella povertà», constata Ferrari.
A riprova della pervasività di circostanze che, sebbene sembrino lontane, coinvolgono tutti noi, il regista porta due esempi dei racconti che appariranno nel film: «Con la compagnia di Sant’Egidio, siamo andati di notte a parlare con le persone che abitavano per strada, e lì ho sentito storie che possono veramente capitare ad ognuno di noi. Persone che divorziano e che si trovano a dormire in una tenda sotto a un portone, specialmente uomini, oppure altre persone che hanno soltanto il biglietto del treno per raggiungere una città dove dovrebbero conoscere una persona che li potrebbe aiutare, oppure no, dipende se la incontrano, non hanno neanche il telefono per poterla raggiungere».

«Un’altra storia è alla Porticina della Provvidenza – continua – dove ci sono delle signore anziane che non soltanto rammendano i vestiti e aggiustano i giochi per i bambini, perché per loro è importante che siano in ottime condizioni, perché donare a un bambino una bambola senza un occhio o senza una mano non sta bene, devono essere felici almeno in quell’istante». È così che si crea la cosiddetta «metà della luna di Bologna» protagonista del documentario, oggetto di indolenza e lontano dai riflettori, nascosta rispetto al’altra metà, prospera e popolare che riflette una realtà agiata e appetibile. Ferrari la descrive come una «Bologna a due velocità, che mira all’eccellenza, che ha situazioni economiche, finanziarie, di profitto, di super livello, grandissime aziende, ma che allo stesso tempo è composta da almeno 4.500 persone che ogni giorno si recano alle mense per mangiare, perché non se lo possono permettere».

Anche l’appello del documentario è duplice, poiché non si limita a colpire lo spettatore, ma anche svegliare la coscienza della città e delle istituzioni che, come molti altri centri cittadini, ha a che fare con file di persone bisognose non solo di un pasto, ma anche di qualcuno disposto ad ascoltarle. «Il mio auspicio è che il mio docufilm possa dare il via a iniziative sociali, politiche e civili affinché non la forbice della povertà non si allarghi ulteriormente. Il cambiamento parte dal singolo, dalla sua presa di coscienza che Bologna non è esente dai medesimi problemi di Milano, a Roma, a Napoli e a Torino. Quindi, piacerebbe vedere crescere il numero di volontari impegnati nel terzo settore, cosicché possano dare il loro contributo, materiale e spirituale, per sostenere queste persone».

ASCOLTA L’INTERVISTA A STEFANO FERRARI: