Tra la finanziaria del governo, i ritardi dello Stato nell’erogazione del 5×1000 e la normativa dell’Irap, le associazioni del Terzo Settore rischiano di trovarsi in grande difficoltà. Eppure svolgono un ruolo fondamentale, talvolta colmando i vuoti della sanità pubblica o del welfare.
Esemplare è la situazione di Ageop Ricerca. Negli anni l’associazione ha contribuito enormemente a rendere umane le cure per i piccoli pazienti oncologici. E ora si ritrova a non aver ancora incassato il 5×1000 del 2021 e a veder in pericolo le donazioni, le cosiddette erogazioni liberali, dal momento che nella manovra del governo Meloni è contenuta una norma che prevede che gli importi inferiori a 260 euro non saranno detraibili.

Un ulteriore paradosso è rappresentato dall’Irap, l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive. Le associazioni del Terzo Settore stanno pagando più delle imprese dal momento che gli enti non commerciali sono rimasti esclusi dalle misure per alleggerire le imposte decise dal legislatore.
Alcune Regioni, come l’Emilia-Romagna, hanno manifestato l’intenzione di correre ai ripari ripristinando le agevolazioni.

Terzo Settore, gli ostacoli al no profit per sdoganare il profit

Per la direttrice di Ageop Ricerca, Francesca Testoni, le difficoltà messe sulla strada del Terzo Settore rappresentano «una visione cieca», al punto che la sensazione è quella che venga distrutto quanto costruito in 40 anni di attività.
«Non siamo passati da fare attività complementari alla sanità pubblica a sopperire alle mancanze, soprattutto in termini di personale», osserva Testoni.

Eppure, proprio per la propria missione che mette al centro il benessere dei cittadini, il mondo no-profit potrebbe offrire una visione a medio-lungo raggio che sembra mancare alla politica.
«Ad esempio quando si parla delle lunghe d’attesa per le visite – osserva la direttrice di Ageop – si assiste a un sintomo, non al problema, che invece è rappresentato dalla scarsità di personale nella sanità pubblica».
Le logiche aziendaliste, però, portano a quello che molti operatori sanitari del servizio pubblico ormai riconoscono in un vero e proprio smantellamento della sanità pubblica.

Gli ostacoli messi sulla strada del Terzo Settore, quindi, rappresentano l’altra faccia della privatizzazione, perché favoriscono il profit.
«Quando si accredita una struttura privata per una prestazione sanitaria – sottolinea Testoni – si spendono risorse enormemente più grandi rispetto alla gestione interna al pubblico».
Oltre a ciò, i problemi sono di varia natura: il privato non riesce a erogare un servizio multidisciplinare, che accompagni il malato lungo tutto il percorso, così come non fa rete essendo in competizione con le altre strutture. Infine non è nemmeno interessato a fare prevenzione, dal momento che guadagna proprio da chi si ammala.

ASCOLTA L’INTERVISTA A FRANCESCA TESTONI: