I ricchi sono sempre esistiti, ma nella nostra epoca vivono alcuni personaggi che, attraverso l’accumulazione spropositata di capitale e attività in grado di orientare le persone, hanno maturato un potere capace di condizionare il presente. Parte da questa constatazione “Gigacapitalisti” (Einaudi), l’ultimo libro di Riccardo Staglianò che solleva il problema che rappresentano figure come Elon Musk, Jeff Bezos e Mark Zuckerberg. Una terna a cui vanno aggiunti pochi altri super-ricchi il cui potere, ormai, è paragonabile a quello di alcuni Stati e non solo in termini economici.

Gigacapitalisti, il potere dei super ricchi paragonabile a quello di uno Stato

Raggiunto a una presentazione del libro all’interno del Festival di Internazionale a Ferrara, Staglianò sintetizza ai nostri microfoni i principali problemi rappresentati da “gigacapitalisti”: «La quantità immane di queste ricchezze si trasforma in potere. Potere di cambiare le regole a loro favore e a danno di tutto gli altri, perché una seconda specialità di questi imprenditori è quella di essere degli elusori fiscali».
L’altro problema evidenziato dal giornalista è che stiamo parlando di singoli individui che hanno un potere e una ricchezza simile a quella di alcune nazioni, ma senza che vi corrisponda un contrappeso.

Staglianò cita l’esempio di Elon Musk, che rispondendo in autonomia all’appello di un ministro ucraino, ha deciso di inviare i suoi satelliti Starlink senza passare dal Dipartimento di Stato o dal Congresso. «Questa volta ci è andata bene perché li ha dati agli aggrediti – sottolinea l’autore del libro – Ma nel metodo è abbastanza sorprendente che un privato decida in totale autonomia di dare delle infrastrutture strategiche. Se per ipotesi domani scoppiasse una nuova guerra che coinvolge ad esempio la Cina, Musk decidesse di darle i satelliti, magari ci starebbe meno bene. Gli individui non possono avere il potere delle nazioni, altrimenti le cose possono prendere delle pieghe inaspettate».

Un altro grande tema evocato nel libro riguarda il “potere dell’attenzione”, che ad esempio è nelle mani di Zuckerberg. «Se Zuckerberg fosse il presidente di uno Stato composto dagli utenti di Facebook, avrebbe una popolazione pari a quella di Cina e India messe insieme, cioè circa tre miliardi di persone – sottolinea Staglianò – con livello di controllo su queste persone che Pechino, che pure non scherza, se lo sogna».
Con la profilazione dei nostri dati, Facebook sa tutto di noi, più dei nostri amici. I casi eclatanti, come quello di Cambridge Analytica, hanno mostrato quali sono i rischi connessi a questa cosa.
«Siamo proprio sicuri che, senza averlo votato, noi vogliamo che Zuckerberg sia il presidente di questa nazione di cui, più o meno consapevolmente, facciamo tutti parte?».

Mettere un freno ai gigacapitalisti, ma come?

La terza parte del libro sostiene la necessità di fermare lo strapotere dei gigacapitalisti e, per farlo, ci sono diversi modi. Il primo e più importante è costringere a far loro pagare le tasse e in modo proporzionato alla loro ricchezza, vincendo anche la narrazione che, da parte loro, vorrebbe il loro operato e la loro beneficenza come qualcosa che fa bene al mondo.
Anche sul piano legislativo è possibile operare, come sui diritti dei lavoratori sfruttati da questi imperi economici e sulla consapevolezza collettiva.
Azioni necessarie perché, come sintetizza la quarta di copertina del libro, «se continui a dire di mangiare brioche a moltitudini senza pane, la storia insegna, di solito non va a finire bene».

L’autore, però, si dice moderatamente ottimista. Dopo la commissaria europea che fece una maxi multa ad Apple, qualcosa sta cambiando anche negli Stati Uniti, che invece finora hanno favorito l’affermazione dei gigacapitalisti. «Nel primo trimestre del 2021 Tesla ha fatto un utile di 533 milioni, di cui 518 venivano da contributi dello Stato della California per lo sviluppo di auto non inquinanti».
Joe Biden, però, ha nominato a capo dell’Antitrust Lina Khan, «una tipa molto tosta – osserva Staglianò – che era una ricercatrice e aveva spiegato perché Amazon, pur non essendo un monopolio in senso classico, aveva degli effetti nocivi nei confronti della società».

ASCOLTA L’INTERVISTA A RICCARDO STAGLIANÒ: