Il parlamento di Kiev ha approvato un pacchetto di norme che equipara, vietandolo, il comunismo al nazismo, e introduce reati legati all’apologia e alla militanza comunista. Con l’approvazione delle norme, Kiev segue il percorso tracciato dalle altre repubbliche ex sovietiche. Ma l’introduzione del pacchetto avviene in concomitanza con la nomina di Dimitri Yarosh, capo di Settore Destro, a consigliere del capo di stato maggiore dell’esercito e all’apertura degli archivi di stato. Scelte che potrebbero segnare un’ulteriore svolta a destra del governo di Kiev.
Con 254 voti a favore su 307 presenti, la Rada, il parlamento di Kiev, ha approvato il disegno di legge con cui il governo ha equiparato comunismo e nazismo. Un sostegno netto a una misura che introduce pene severe – fino a 5 anni di detenzione – per chi si rende colpevole dell’utilizzo di simboli e della propaganda rossa o bruna.
Il pacchetto di norme segna la volontà di Kiev di sganciarsi dal passato sovietico, in una fase in cui, peraltro, le sue istituzioni si avvicinano a quelle europee e alla Nato.
Ma se la mossa ucraina non è la prima nel suo genere, considerato che “tutti i Paesi ex sovietici hanno deciso di troncare il loro passato”, diverse sono le valutazioni politiche, “perchè così il governo e il parlamento di Kiev si schierano direttamente contro tutta quella popolazione che non ha un’opinione negativa rispetto al passato. È una scleta politica molto rischiosa”, sositene ai nostri microfoni Pietro Rizzi, giornalista di East Journal ed esperto di Ucraina.
Popolazione che, chiarisce lo stesso Rizzi, si concentra “principalmente sud ed est del Paese”, e che rappresenta il 10% circa degli ucraina.
L’approvazione del pacchetto avviene in un contesto che ha registrato altre scelte dello stesso segno. Kiev ha infatti riconosciuto ufficialmente le commemorazioni dei combattenti dell’Upa, l’esercito insurrezionale collaborizionista delle forze naziste guidato da Bandera. Con questa decisione, “i combattenti dell’Upa sono riportati ad un livello positivo, e questo è molto pericoloso perchè su questo argomento rischioso, tutta la parte dell’Est ha molti dubbi”, continua Rizzi.
Allo stesso modo, Kiev ha disposto l’apertura degli archivi segreti del periodo sovietico. Se ricercatori e storici avranno di che gioire, il rischio è che l’apertura “venga utilizzata per una mera autogiustificazione di quello che sta succedendo da una o dall’altra parte.
Quello che più preccoupa, però, è la nomina del capo di Settore Destro (gruppo di estrema destra attivo anche durante le rivolte di Majdan e i cui membri sono spesso inquadrati in formazioni paramilitari, ndr) Dimitri Yarosh a consigliere del capo di stato maggiore dell’esercito ucraino. Anche in questo caso, le valutazioni sono ambivalenti. Se, da un lato, la nomina di Yarosh lo manterrebbe “inglobato nel sistema e quindi controllato” dalle istituzioni governative, “il rischo – sostiene Rizzi – è che abbia preso ancora più potere, e che al posto del capo di stato maggiore dell’esercito, sia Yarosh a decidere”.
Non si sono fatte attendere le reazioni contrarie all’approvazione del pacchetto. Eclatante quella di Efraim Zuroff, direttore del Centro Wiesenthal di Gerusalemme, che ha dichiarato: “i nazionalisti ucraini vogliono trasformare i carnefici in vittime”.
Quello che rileva, intanto, è il rischio che la mossa di Kiev possa segnare una decisa svolta a destra del Paese, nonostante “ai tempi delle elezioni presidenziali la popolazione si espresse in modo chiaro contro questa svolta”. Nel frattempo, però, i gruppi dell’estrema destra ucraina “hanno avuto molto più potere di quanto la gente avrebbe voluto”.
Resta infine aperta la questione dei rapporti con Mosca. Secondo Rizzi, l’introduzione del pacchetto “di sicuro è un messaggio lanciato a Putin, e questo crea un ulteriore problema”.