Lanciata il 6 ottobre, in seguito ai pestaggi avvenuti il giorno prima nei confronti di studenti medi che manifestavano nelle principali città italiane, ecco la campagna e la raccolta firme per chiedere che le forze dell’ordine dotino le divise dei propri agenti di numeri identificativi.

E’ nata dopo una manifestazione e dopo le altre proteste e l’intensificarsi delle tensioni in piazza ha avuto sempre più visibilità.

La campagna “Indovina chi?” lanciata dal portale di informazione indipendente Ilcorsaro.info chiede che le forze dell’ordine italiane, come già avviene in moltissimi Stati europei e non, dotino le divise dei propri agenti di numeri identificativi, perché qualora venissero compiuti dei soprusi, i responsabili fossero immediatamente riconosciuti.

Una campagna accopagnata da una raccolta firme che è nata nelle piazze, in seguito alle esperienze di chi, quegli abusi, li ha subiti. Una campagna per poter cercare una soluzione di tutela per chi, come studenti, lavoratori e precari, a causa della crisi sempre più organizzano proteste in cui le forze dell’ordine sono sempre presenti.

“E’ un modo per tutelarci” dice Lorenzo Zamponi, redattore del Corsaro. Così sarà possibile imputare l’eventuale abuso a un preciso responsabile considerato che all’interno delle manifestazioni sempre di più sono gli strumenti per testimoniare gli sviluppi delle proteste: videofonini, telecamere e fotografie.

Il ministro dell’Interno francese, Manuel Valls, ha annunciato il ripristino di misure atte al riconoscimento degli uomini in divisa anche nel proprio Paese, per una “forma di rispetto” nei confronti dei propri cittadini. Le dichiarazioni che arrivano dalla Francia si affiancano alle migliaia di foto, video e di materiali che mostrano durante le tensioni di piazza è possibile identificare l’attivista ma non il tutore dell’ordine. Il che crea uno sbilanciamento che la campagna si propone di ridimensionare.

E mentre il ministero dell’Interno apre un’inchiesta sul video pubblicato giorni fa che mostra come dal palazzo del ministero venissero tirati sulla folla in corteo lacrimogeni la campagna continua a raccogliere le firme per quella che gli stessi ideatori definiscono “una battaglia di civiltà”.

Per firmare la campagna clicca qui.