La crisi di governo estiva, l’ennesima della storia di questo Paese, è arrivata. Nonostante abbia ricevuto la rinnovata fiducia della maggioranza dei parlamentari, il Presidente del Consiglio Mario Draghi è salito al Colle per consegnare le dimissioni nelle mani del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. A pesare sulla sua decisione l’uscita dall’aula al momento del voto sul Decreto Legge Aiuti da parte dei parlamentari 5 Stelle guidati dall’ex premier Giuseppe Conte. Il Quirinale ha respinto le dimissioni, e il destino dell’esecutivo appare appeso a un filo. «Ma comunque vada a finire e chiunque gli succeda non vedo un Keynes all’orizzonte, anzi. Temo che questa crisi venga usata per rafforzare la natura privatistica e di mercato del governo». A dare questo pesante giudizio ai nostri microfoni è Monica di Sisto, presidente di Fairwatch.

«Il governo Draghi ha indebolito quelle poche misure a contrasto della povertà che già c’erano»

Il governo Draghi doveva essere, nelle aspettative, quello di un tecnico che riempie le tasche dei cittadini invece di svuotarle, come fu con Monti. Il premier del Recovery Fund e non dell’austerity. «Ma così non è stato» spiega Di Sisto. «Del Draghi keynesiano tanto annunciato non si è vista traccia. le iniziative portate avanti sono state tutte volte a ridurre quel poco che esisteva ed era stato fatto dai governi precedenti per mitigare gli effetti economici del covid sui più deboli. Penso alla progressività dell’imposizione, che è diventata una flat-tax. Penso alla riforma del catasto. Penso all’uso dei fondi del PNRR. Penso all’indegna questione del Reddito di Cittadinanza, una misura insufficiente ma comunque utile, attaccata dal governo. Questo governo avrebbe dovuto ricominciare dalle strategie, e invece non abbiamo avuto nessun piano per lo sviluppo industriale. Al suo posto solo regalini ad alcuni settori, anche alcuni strani come quello dei brevetti. Nel mentre si lasciano i grandi impianti alla mercé delle delocalizzazioni. Il caso della GKN di Campi Bisenzio è il più celebre, ma ce ne sono altri mille altri in giro per l’Italia».

Anche su energia e clima, due temi caldissimi in questo periodo, il giudizio è impietoso. «Alla crisi energetica si è risposto non con le rinnovabili e il risparmio – ancora aspettiamo i decreti – ma con la riapertura delle centrali a carbone e il lobbing in Europa per salvaguardare i motori a scoppio. Invece di un governo delle risposte, questo è stato un governo delle marchette. Con scarsa trasparenza e grande difficoltà per gli osservatori di capire cosa bollisse in pentola». Per Fairwatch un caso esemplare della condotta dell’esecutivo Draghi è quella della postura al G20 sul tema vaccini e brevetti. «Avevamo chiesto che l’Italia, come presidente dell’incontro, fosse tra i paesi che promuovono la sospensione dei brevetti su vaccini e dispositivi di protezione. Dopo una timida apertura, seguita a un tweet di Biden che andava in questa direzione, Draghi si è rimangiato tutto, e anzi siamo venuti a sapere che il nostro governo considera i brevetti come “il più efficace incentivo all’innovazione”».

Cosa dovrebbe fare nell’immediato un governo attento alla questione sociale, chiediamo. «Innanzitutto capire chi lavora, dove e quanto. Poi fissare un piano strategico realizzato assieme a sindacati ed associazioni che punti al rilancio dell’occupazione. Chiaramente assieme ad un piano industriale, che manca da anni, rivolto al futuro. Non col carbone, quindi, ma con filiera nazionale delle rinnovabili, economia circolare, indipendenza energetica. Abbiamo visto che le filiere di produzione lunghe sono fragili, serve riportare la produzione sui nostri territori. Mi rivolgo anche ai socialdemocratici di questo Paese: lasciate le ancore e, se proprio non riuscite a fare di meglio, lanciatevi almeno verso il socialismo del ‘900».

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Lorenzo Tecleme