È altissima la tensione tra Stati Uniti e Venezuela, al punto che da un momento all’altro potrebbe degenerare in un’aggressione militare di Washington a Caracas. Dopo aver intensificato la propria presenza militare nel mar dei Caraibi, ufficialmente con il pretesto del contrasta al narcotraffico, Donald Trump sta gettando la maschera e ha affermato che il presidente venezuelano Nicolas Maduro «ha le ore contate». E se il tycoon, due giorni fa, ha smentito voci di stampa che davano per imminente un attacco, lo scenario che si prefigura è un nuovo conflitto all’interno della “Dottrina Monroe”.
Cosa sta accadendo in Venezuela?
Negli ultimi mesi, gli Stati Uniti hanno dispiegato otto navi da guerra, un sottomarino nucleare e diverse unità aeree nella regione. Almeno nove attacchi contro imbarcazioni provenienti dal Venezuela sono stati registrati tra agosto e settembre, con un bilancio di circa trenta vittime e sei barche affondate. Washington ha usato il pretesto di operazioni contro presunti narcos, mentre il governo di Nicolás Maduro ha accusato invece gli Stati Uniti di aggressione militare e di voler «rovesciare il governo legittimo per impadronirsi delle risorse petrolifere».
In risposta, Caracas ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale, attribuendo al presidente poteri speciali per la difesa. Il Venezuela ha inoltre presentato un reclamo formale al Consiglio di sicurezza dell’Onu, chiedendo misure urgenti per evitare un’escalation. Tre relatori speciali delle Nazioni Unite hanno successivamente condannato le operazioni americane nel mar dei Caraibi, definendole “azioni pericolose per la stabilità regionale”.
Nel frattempo, il presidente Trump ha confermato che la Cia è impegnata in “azioni segrete” entro i confini venezuelani, affermando che «il mare è sotto controllo» e che si sta valutando «l’intervento sulla terraferma».
Le attività militari statunitensi non si limitano al mare. Il 15 ottobre due bombardieri strategici B-52 hanno sorvolato per ore la costa venezuelana, seguiti da un B-1B nei giorni successivi. Secondo il New York Times, si è trattata di una «dimostrazione di forza», mentre unità d’élite del 160º Reggimento per Operazioni Speciali hanno condotto voli di addestramento nella stessa area. Funzionari americani parlano di esercitazioni, ma non escludono che servano a fornire al presidente opzioni operative.
Il governo venezuelano ha denunciato un piano di “regime change”. Maduro ha dichiarato che le forze armate dispongono di «5.000 missili antiaerei portatili di fabbricazione russa» e ha promesso una risposta immediata a qualsiasi attacco.
Anche altri Paesi della regione hanno espresso preoccupazione. Il presidente colombiano Gustavo Petro ha parlato di «rischio imminente di guerra in America Latina», collegando la politica antidroga di Washington al pericolo di un’invasione del Venezuela. La presidente del Messico, Claudia Sheinbaum, ha invitato Trump a «non interferire negli affari interni di altri Stati», richiamandosi al principio costituzionale di autodeterminazione dei popoli.
Secondo analisti internazionali, le operazioni segrete della Cia rappresentano per Trump un modo di esercitare pressione su Maduro senza ricorrere apertamente alla guerra, pur mantenendo un alto livello di tensione diplomatica. L’obiettivo, sostengono, sarebbe quello di indebolire progressivamente il regime bolivariano e favorire un cambio di governo.
Sul fronte interno, l’opposizione venezuelana, guidata dal Premio Nobel per la Pace María Corina Machado, ha accolto con favore l’azione statunitense, definendola «un passo verso la liberazione del popolo venezuelano».
Il ritorno della “Dottrina Monroe”?
Ormai anche la stampa mainstream parla di un ritorno della “Dottrina Monroe”. L’espressione fa riferimento a un passaggio di un discorso del 1823 dell’allora presidente statunitense James Monroe, che esprime l’idea della supremazia degli Stati Uniti nel continente americano.
«La Dottrina Monroe – spiega ai nostri microfoni Giacomo Marchetti, giornalista di Contropiano – considera tutto il continente americano il giardino di casa degli Usa«. Qualsiasi intromissione di potenze straniere negli affari politici del continente americano sarebbe stata considerata come ostile agli Stati Uniti e i processi di indipendenza dell’America Latina non potevano essere repressi da nessuna potenza europea (dalla Spagna soprattutto).
Negli anni ’70 la “Dottrina Monroe” si concretizzò nel cosiddetto “Piano Condor”, che portò a invasioni militari (come a Panama), golpe (tra cui quelli in Brasile, Cile e Argentina) con il diretto contributo degli Stati Uniti e operazioni a bassa intensità contro le esperienze allora ostili a Washington (come i Contras in Nicaragua).
«Ora potrebbe declinarsi anche in un nuovo “Piano Condor” – sottolinea Marchetti – cioè in un progetto pianificato per cercare di eliminare sia le esperienze storiche di transizione al socialismo in America Latina, sia la composita galassia progressista».
Proprio della situazione in Venezuela si discuterà sabato prossimo, 8 novembre, a Bologna. Alle 17.00, all’Officina del Popolo “Valerio Evangelisti” in via dell’Artigiano 11, infatti, si terrà l’incontro “Con la repubblica bolivariana del Venezuela”, organizzato dalla Rete dei Comunisti. Durante l’incontro interverranno diversi attivisti latino-americani insieme ai docenti universitari Luciano Vasapollo e Massimo Gazzola.
ASCOLTA L’INTERVISTA A GIACOMO MARCHETTI:







