«Sentire è un atto politico» è quello che urla WeWorld Festival 2025, che torna dal 7 al 12 ottobre a Bologna per riportare l’empatia in un periodo storico incerto, lacerato dai conflitti e dove il supporto reciproco latita. L’evento prende il nome da WeWorld, Ong indipendente attiva da cinquant’anni nella cooperazione internazionale e nell’aiuto umanitario.
La seconda edizione porta con sé un ricco gruppo di corti, medi e lungometraggi che mostrano quei popoli lontani dall’Occidente, bloccati in situazioni di estrema difficoltà, ma i cui strazi spesso non giungono mai a noi. Il dialogo che WeWorld Festival costruisce serve non solo per dar voce alle loro sofferenze, ma anche per invitare al confronto sulle cause di queste difficoltà e renderci consapevoli dell’anestesia dovuta al costante flusso di notizie a cui siamo sottoposti.

Dina Taddia, consigliera delegata di WeWorld, ha detto che l’obiettivo è «negli ultimi anni, la comunicazione è diventata sempre più istantanea e superficiale, dunque il rischio di anestetizzarci di fronte a temi che colpiscono tutti noi è alto. WeWorld serve per portare uno spazio di ascolto e riflessione, per quelle voci che non vengono ascoltate o non possono proprio sollevarsi, e che noi abbiamo visto nei conflitti in Siria, Ucraina e Gaza per esempio».

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WeWorld Festival, uno spazio per le voci strozzate dalla guerra

Jonathan Ferramola, curatore cinematografico del festival, si è dimostrato entusiasta di quante produzioni sono state accolte dall’evento: «Non immaginavamo una risposta così eccezionale alla nostra chiamata, con oltre 300 documentari sociali da 44 paesi diversi. Non si tratta solo di sentire ma anche di vedere: se dovessi selezionare qualcosa, direi “Un viaggio nelle macerie siriane”, che esplora la diaspora della Siria in Europa per ricostruire le proprie radici, e “Intercepted”, che racconta l’invasione russa in Ucraina, con foto e audio dal fronte e dai soldati intercettati dai russi».

ASCOLTA L’INTERVISTA A JONATHAN FERRAMOLA:

Tra i 14 titoli di documentari in programma, il 30 settembre sarà dedicato a due produzioni: “Everyday in Gaza”, un corto di quindici minuti dedicato agli orrori del conflitto in Palestina, diretto da Omar Rammal in collaborazione con WeWorld e attraverso le immagini del fotogiornalista Sulaiman Hejji; “Green is the New Red”, che esplora le radici storiche della violenza ambientale in America Latina, partendo dall’Operazione Condor fino agli omicidi odierni dei difensori della terra. Inoltre, tra le file del WeWorld Festival figurano ben cinque anteprime internazionali: “The Travellers”, “Little Syria” con Middle East Now “Abo Zaabal 89”, “When Harmattan Blows”, “Until the orchid blooms”.

Tutti queste pellicole saranno ospitate da una schiera ampliata di luoghi pubblici (come Cinema Lumière, Modernissimo, Das-Dispositivo Arti Sperimentali, Mercato Ritrovato, Adiacenze e Vag 21) e si contenderanno tre premi cinematografici: Andrea Zani su giustizia climatica e ambientale, Disarming Patriarchy su parità di genere e Giovanni Lo Porto su diritti umani, con tre giurie dedicate.

Per il programma completo visitare il sito https://weworldfestivalbologna.weworld.it/