L’idea è semplice, quasi disarmante: permettere ai detenuti di andare a teatro. Non come premio ma per restituire un frammento di normalità, di dignità, di vita civile. Non “teatro nelle carceri”, ma carcerati a teatro, in mezzo alla gente, come normali spettatori. In questo consiste il progetto “Uscire per motivi spettacolari”, nato da un’intesa tra l’avvocato Luca Sebastiani (Osservatorio Carceri) e l’artista Alessandro Bergonzoni, da molti anni impegnato in iniziative che riguardano il mondo della detenzione.

Il contesto attuale vede un sovraffollamento delle carceri italiane quasi ai livelli del 2013, quando la Corte Europea (tramite la sentenza Torreggiani) condannò l’Italia per le condizioni delle pene detentive. Ecco allora che vale la pena di fare qualcosa che rompa gli schemi, che abbatta le barriere, nell’interesse dell’intera comunità. Perché da quella serata di libertà e di normalità in cui si reca ad assistere a uno spettacolo, il detenuto può ricavare, oltre a un momento di dignità, anche una suggestione che lo può migliorare più di ogni coercizione carceraria. L’arte ha strumenti potentissimi al proprio arco: laddove arrivano teatri, musica, laboratori e presidi culturali, spesso la criminalità arretra. L’arte bonifica più di quanto si creda, e anche nell’interiorità del singolo individuo può riaccendere bellezze e aspirazioni che parevano perdute.

Bergonzoni, le utopie necessarie e i pianoforti nelle carceri

In conferenza, Alessandro Bergonzoni prende la parola e incanta. Parla di musica che entra nelle celle, racconta di un concerto di Paolo Fresu eseguito dal cortile, a raggiungere le orecchie e l’anima di 800 detenuti.
Immagina di portare quadri della Pinacoteca nelle carceri, con un esperto che spieghi ai detenuti la meraviglia dell’opera d’arte e la contestualizzi nel suo periodo, nella vita del suo autore, in tutto quello che c’è intorno a quell’opera. In modo che la bellezza arrivi e venga resa evidente.

E lancia l’idea di installare pianoforti nelle carceri. Il suo ragionamento è difficilmente contestabile. “Su 800 persone, è statisticamente impossibile che non ce ne sia almeno una con la predisposizione al pianoforte. E se quella persona ha 25 anni da scontare, potrebbe diventare un grande esecutore e compositore. Abbiamo bisogno di rischiare utopie”. L’artista bolognese ha toccato un punto profondo, che ha ammutolito la sala. Ha fatto percepire l’arte come diritto naturale, e non come un ornamento. E racconta ancora di quando Chet Baker, detenuto nel carcere di Lucca, suonò per qualche giorno la tromba nel cortile. Ci fu un passaparola, e i cittadini si radunavano sotto le mura per ascoltare quella meraviglia.

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Uno dopo l’altro, i direttori artistici dei Teatri della città prendono la parola. L’Arena del Sole, il Celebrazioni, il Duse, il Dehon, il San Filippo Neri, tutti dicono “ci siamo”. La conferenza si chiude con la sensazione che qualcosa di significativo possa accadere davvero.

L’enorme platea dei beneficiari e la giornata del 27 novembre

Non è mai superfluo ribadire l’articolo 27 della Costituzione, quando al terzo comma dice: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Riconnettere carcere e città appare necessario e anche conveniente sotto diversi punti di vista.
Il progetto “Uscire per motivi spettacolari” è aperto ai detenuti meritevoli di permessi, e a chi è sottoposto a misure alternative al carcere. Aldo Scolazzi (direttore di Ufficio di Esecuzione Penale Esterna) ricorda che le misure alternative coinvolgono 100mila persone, quindi un numero ben superiore a quello dei detenuti. Per loro, la cultura è importantissima nella riduzione della recidiva.

Ai nostri microfoni, Luca Sebastiani ha parlato anche della prossima giornata del 27 novembre, che vedrà confronti importanti sul tema della vita in carcere.

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