Mercoledì 24 settembre, alle 18.45, il cortile del Circolo Arci Ritmo Lento – Il Casalone, in via San Donato 149 a Bologna, ospiterà l’incontro pubblico “I ricatti dei grandi, la lotta dei piccoli. Un’analisi della situazione in Pianura Padana, le pratiche e le campagne collettive in atto”, promosso da Camilla – Emporio di comunità.
Al centro della discussione il sistema di produzione agroalimentare, ancora segnato da speculazioni e squilibri che penalizzano sia i produttori agricoli sia i consumatori.
L’agricoltura in crisi e ancora strozzata dalla Gdo: Stefano Liberti a Bologna
Ospiti dell’incontro saranno i giornalisti Stefano Liberti e Daniel Tarozzi. Liberti, firma di Internazionale, ha dedicato reportage e libri alle filiere del cibo globali, alle migrazioni e agli effetti del cambiamento climatico. Tra le sue opere più note: I signori del cibo, Terra bruciata e il documentario Soyalism. Di recente ha pubblicato su Internazionale un’inchiesta in tre puntate sulla crisi agricola in Pianura Padana.
Daniel Tarozzi è documentarista e giornalista di “Italia che cambia”, da anni racconta le tante realtà alternative che esistono in Italia e praticano il cambiamento dal basso.
Ad arricchire l’incontro anche la mostra fotografica di Michele Lapini, che da anni documenta i mutamenti sociali e ambientali nei territori italiani.
Ai nostri microfoni Liberti racconta l’inchiesta, realizzata insieme al fotografo Lapini, dedicata a quella che sembra essere a tutti gli effetti una crisi dell’agricoltura nella pianura padana, che si concretizza ad esempio con un calo della produttività.
All’interno di un lavoro che dura da un anno, Liberti si è concentrato – anche attraverso un articolo pubblicato su Internazionale – su una pratica imposta dalla Grande Distribuzione Organizzata (Gdo) ai produttori agricoli: quella dei ristorni.
«I supermercati mettono in campo dei contratti capestro in cui, sostanzialmente, chiedono non solo dei prezzi molto bassi, ma anche e soprattutto dei ristorni», spiega il giornalista.
Il meccanismo praticato dalla Gdo, in sostanza, vincola la possibilità degli agricoltori di vendere le produzioni agricole alla catene distributive solo qualora a fine anno i primi restituiscano somme che vanno dal 10 al 15% di quanto pagato.
Somme rilevanti per gli strettissimi margini che ha chi coltiva la terra, ma che figura nei contratti come pratica legale.
Liberti racconta che, nel realizzare l’inchiesta, ha incontrato grande disponibilità da parte degli agricoltori nel raccontare le pratiche che affogano i produttori, ma da tutti è arrivata la richiesta dell’anonimato, perché essere tagliati fuori dalla Gdo significa vedersi costretti a cambiare mestiere.
La direttiva europea del 2019 che ha messo fuori legge alcune pratiche commerciali praticate dalla Gdo nei confronti dei produttori è stata recepita in Italia dalla legge 198, che ha istituito un organismo di controllo.
«Sicuramente è stato un passo avanti – commenta il giornalista – ma non riesce ad aggredire il fenomeno nella sua dimensione. Se guardiamo ad esempio alle sanzioni comminate, che complessivamente ammontano a 600mila euro a fronte di un mancato guadagno da parte degli agricoltori di centinaia di milioni di euro, ecco allora che appare un pannicello caldo».
ASCOLTA L’INTERVISTA A STEFANO LIBERTI: