È stata una settimana difficile quella che si è registrata al carcere bolognese della Dozza, dove si segnalano aggressioni agli agenti di polizia penitenziaria, risse e altri problemi, gravati dalla carenza di personale a causa di numerose assenze per malattia.
A raccontare le ragioni che hanno determinato cinque giorni di fuoco è, ai nostri microfoni, Antonio Ianniello, garante per i diritti delle persone private della libertà personale di Bologna. «Premesso che non c’è giustificazione nell’utilizzare la forza fisica e la violenza – spiega il garante – il contesto che si vive nel carcere bolognese ostacola la puntuale presa in carico delle richieste legittime dei detenuti e ciò può generare tensione».
Il sovraffollamento e le tensioni nel carcere di Bologna
Sono circa 830 le persone attualmente detenute nel carcere della Dozza, a fronte di una capienza regolamentare di 507 posti. Una situazione ancora lontana da quella verificatasi nel 2010, quando alla Dozza furono recluse 1200 persone, comportando però una condanna per trattamenti inumani e degradanti. Ma in ogni caso c’è preoccupazione perché l’orientamento del governo nazionale non sembra andare nella direzione di un alleggerimento del cronico problema del sovraffollamento. «Nel momento in cui c’è un numero della popolazione detenuta che va ben oltre la possibilità di prendere in carico le singole vicende personali e detentive – osserva Ianniello – si creano condizioni per un deterioramento complessivo del contesto».
Nello specifico ciò che ha fatto salire la tensione negli ultimi tempi è la chiusura della terza sezione nel carcere bolognese. Ciò significa che i detenuti che si trovano in quella sezione non possono permanere all’esterno della cella.
La chiusura delle sezioni è una disposizione dipartimentale a scopo riorganizzativo. Inizialmente prevedeva la chiusura di due sezioni, mentre negli ultimi tempi si è aggiunta una terza.
Allo stato attuale, visto il numero di presenze, in ogni cella si trovano quasi sempre due detenuti e trascorrervi tante ore senza la possibilità di uscire è foriero di tensioni.
In particolare il garante spiega che le tensioni si sono generate quando, negli ultimi giorni, sono stati trasferiti alla Dozza persone provenienti da altre strutture penitenziarie fuori regione. La detenzione nella sezione chiusa ha determinato una condizione peggiorativa rispetto al carcere di provenienza e ciò ha generato tensioni.
Non solo. Il sovraffollamento determina anche una limitazione delle soluzioni per prevenire le tensioni, in particolare tra detenuti incompatibili o con diverse posizioni detentive.
«Può capitare – esemplifica Ianniello – che si trovino nella stessa sezione detenuti con condanne definitive e persone appena arrivate in carcere, deteriorando l’atmosfera e l’aspettativa di tranquillità di chi ha una condanna definitiva».
Per il garante le soluzioni passano attraverso un ascolto, un dialogo e una mediazione più puntuali con i detenuti, in particolare per quelle che sono le loro richieste legittime. È solo in questo modo che si possono prevenire eventi critici e conflitti.
Va da sè, però, che se il sovraffollamento persiste e anzi si aggrava, sarà più difficile fare circolare informazioni coerenti e dare risposta alle esigenze espresse.
ASCOLTA L’INTERVISTA AD ANTONIO IANNIELLO:







