Dal 3 novembre il PrEP-Point di Plus Bologna Aps, storico presidio di prevenzione dell’Hiv e delle infezioni sessualmente trasmissibili, potrebbe chiudere i battenti. A determinare la sospensione delle attività sono la crescente mancanza di personale medico e l’assenza di un sostegno economico stabile da parte delle istituzioni regionali. Un doppio colpo che rischia di cancellare anni di lavoro e di progressi nella lotta all’hiv, mettendo in difficoltà decine di persone che oggi trovano in questo spazio un punto di riferimento fondamentale.
L’allarme sul PrEP-Point: rischia la chiusura lo spazio per la prevenzione dell’hiv
Attivo dal marzo 2018, il centro segue oltre 170 persone in profilassi pre-esposizione (PrEP), offrendo test rapidi, consulenze e supporto non solo alla comunità lgbtqia+, ma anche alla cittadinanza più ampia dell’area metropolitana e dell’intera Emilia-Romagna. La chiusura rappresenterebbe un brusco passo indietro: la sospensione dei percorsi di prevenzione e l’interruzione delle terapie in corso potrebbero portare a un aumento delle diagnosi di HIV in fase avanzata, con conseguenze dirette sulla salute pubblica.
«Senza un intervento urgente saremo costretti a chiudere – denuncia Sandro Mattioli, presidente di Plus – È un paradosso che una Regione che si proclama all’avanguardia nella prevenzione lasci morire un servizio efficace per mancanza di un medico e di poche risorse economiche. La prevenzione costa molto meno del trattamento, ma la politica sceglie l’inerzia. Così centinaia di persone resteranno senza riferimento, senza assistenza e senza protezione, mentre all’ospedale Sant’Orsola le prenotazioni arrivano già a febbraio 2026».
Il PrEP-Point è considerato da anni un modello virtuoso di sanità di prossimità, capace di avvicinare le persone alla prevenzione con un approccio comunitario e inclusivo. Ogni anno il centro realizza centinaia di test e percorsi di counseling mirato, alleggerendo anche il carico sui servizi ospedalieri. Ma senza risorse e senza la presenza costante di un medico infettivologo, l’attività diventa insostenibile.
«Se chiudiamo, Bologna perde un presidio di salute e di comunità – continua Mattioli – per questo abbiamo chiesto una mano alla Regione, dopo
che la raccolta fondi annuale è andata molto male, ma la risposta è stata vaga, dunque rimaniamo con l’acqua alla gola. Non possiamo dire ai nostri 170 pazienti di arrangiarsi: rischiano tutti di prendersi l’Hiv, a quel punto gli ospedali della città dovranno sorbirsi ulteriori pazienti, perché il costo di una persona in PrEP attualmente è di poche decine di euro, mentre una persona con Hiv solo di farmaco costa intorno ai 500 euro al mese, quindi c’è una bella differenza».
A rendere la situazione ancora più critica è la mancanza di soluzioni strutturali da parte della Regione Emilia-Romagna, che finora non ha previsto interventi per garantire la continuità del servizio né ha ampliato la possibilità di prescrivere la PrEP al di fuori degli ospedali. Le attuali restrizioni normative, che consentono la prescrizione solo agli infettivologi ospedalieri, stanno di fatto rendendo sempre più difficile l’accesso a questo strumento di prevenzione. «Oggi è quasi impossibile trovare un medico disponibile – spiegano da Plus – e così la prevenzione resta sulla carta, mentre nella realtà diventa un privilegio per pochi».
Perché la Regione non aiuta il PrEP-Point?
Mattioli ricerca il motivo dietro l’inazione della Regione nella recessione conomica: «La Regione ha un buco di bilancio anche consistente, per cui oltre ad aver aumentato le tasse sta effettuando tagli in ambito sanitario. Ha senso forse effettuare dei tagli dove è possibile, ma bisogna investire nelle cose che prevengono e che funzionano come la PrEP, solo che invece di agevolarne l’uso, in questo paese, e anche nella nostra regione, vengono posti ostacoli. Questo non solo sovraccarica gli ospedali, ma potrebbe spingere i pazienti a ricercare farmaci in modi illegali o pericolosi».
Un esempio di come il mancato servizio del PrEP-Point può pesare sulla struttura sanitaria viene da Ferrara: «All’ospedale di Ferrara, per cercare di tenere aperto il servizio, costringono ogni utente a andare in ambulatori diversi tre volte, ogni volta che devono andare a prendere la PrEP: una volta per un prelievo ematico, una volta per i tamponi per le batteriche e un’ultima volta per la visita, allora da noi incominciano a arrivare persone molto arrabbiate per il servizio offerto dall’ospedale di Ferrara proprio per questo motivo».
L’associazione rivolge un appello diretto alla Regione Emilia-Romagna, all’assessore alla Sanità Massimo Fabi e all’Azienda USL di Bologna, chiedendo un intervento immediato per evitare la chiusura. «La prevenzione dell’Hiv non può dipendere dalla buona volontà di pochi – conclude Mattioli. Servono decisioni politiche e risorse, perché lasciare morire un servizio come il nostro significa arretrare di anni nelle politiche sanitarie e compromettere la salute di un’intera comunità. Dunque, chiediamo alla Regione un interesse politico, normativo e ovviamente economico per riuscire a andare avanti, anche minimo per garantire il minimo possibile».
ASCOLTA L’INTERVISTA A SANDRO MATTIOLI:







