È un gravissimo attentato, per fortuna senza conseguenze fisiche per le vittime, quello subito dal giornalista Sigfrido Ranucci e dalla sua famiglia nella notte tra giovedì 16 e venerdì 17 ottobre. Un chilogrammo di esplosivo è stato collocato nelle auto private di loro proprietà, parcheggiate davanti a casa a Pomezia, vicino a Roma, e sono state fatte saltare in aria.
Ranucci, conduttore di Report, dal 2021 vive sotto scorta per le minacce ricevute a causa del suo lavoro.

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L’attentato al giornalista Sigfrido Ranucci

Una ferma condanna è arrivata dalla premier Giorgia Meloni e il governo, attraverso il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, ha fatto sapere che è stata rafforzata al massimo la sua protezione.
A condannare l’attentato sono stati anche tutti gli organi della professione giornalistica, dall’Ordine dei Giornalisti alla Fnsi, il sindacato di categoria, l’Usigrai, il sindacato della Rai, fino alle associazioni della stampa, come Articolo 21.
«È un attentato inquietante, un attentato contro la libertà di informazione, contro un giornalista schiena dritta – ha commentato Stefano Corradino di Articolo 21 – Non basta la solidarietà, servono azioni concrete, serve stare a fianco dei giornalisti minacciati e intimiditi, serve rafforzare le scorte, che qualcuno vorrebbe cancellare, servono leggi adeguate contro le querele temerarie».

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I dati delle minacce ai giornalisti: quasi 8mila in 18 anni

Corradino ha ricordato che l’Italia è al 49° posto nel mondo per la libertà di informazione, in discesa di tre posizioni rispetto all’anno precedente. Ma questa purtroppo non è l’unica pessima posizione nelle classifiche internazionali.
Dal monitoraggio dell’Osservatorio Ossigeno per l’informazione, che nel marzo scorso ha presentato il suo report annuale sulle minacce ai giornalisti, emerge che l’Italia rimane il Paese europeo con più giornalisti minacciati, con più giornalisti sotto scorta (20, tra cui lo stesso Ranucci) o protetti dalle forze dell’ordine con altre forme di tutela. Ed è anche il Paese che ha il record di giornalisti uccisi da mafia o terrorismo: 11.

Nel 2024 l’Osservatorio Ossigeno per l’Informazione ha rilevato in Italia 516 minacce e intimidazioni a giornalisti, blogger e altri operatori dell’informazione colpiti da gravi violenze e abusi in violazione del diritto di informare e di essere informati. Con questi episodi, sono 7555 i giornalisti minacciati dal 2006 a oggi contati da Ossigeno.
Le intimidazioni del 2024 tre volte su quattro sono state messe in atto con avvertimenti di vario tipo (insulti, scritte offensive, post sui social). Il 22% delle intimidazioni è stato eseguito con querele temerarie e altre azioni legali pretestuose (Slapps) provenienti per la metà da politici e amministrazioni pubbliche. In calo le aggressioni e i danneggiamenti rispetto al 2023.

Un altro osservatorio, quello di Viminale, Fnsi e Ordine dei Giornalisti, appena cinque giorni fa rivelava che sono 81 gli episodi di intimidazione nei confronti di giornalisti censiti nei primi sei mesi di quest’anno, il 76% in più rispetto ai 46 episodi dello stesso periodo del 2024.
Tra le regioni più ‘pericolose’ per gli operatori dell’informazione figurano il Lazio, la Lombardia e la Campania. Seguono Calabria, Emilia Romagna, Piemonte e Sicilia. Le province in cui è stato rilevato il maggior numero di episodi sono Roma (con 16 episodi) e Napoli (7), seguite da Cosenza e Milano con 5 eventi ciascuna e Torino (4). In tutto 16 le regioni dove si sono verificate le intimidazioni, con le prime sette che hanno fatto registrare l’81,5% del totale delle intimidazioni.

Precarietà e delegittimazione dei giornalisti da parte della politica: le cause alla base dell’aumento delle minacce

Ai nostri microfoni Luciana Borsatti di Ossigeno per l’informazione evidenzia che nel 2025 i casi di minacce ai giornalisti sono in aumento, ma ne sottolinea anche alcune delle cause principali. Da un lato, infatti, più di un terzo dei tentativi di intimidire chi fa informazione è determinato dalle cosiddette “querele temerarie”, cioè azioni legali pretestuose ai danni dei giornalisti. «Il 90% di quelle cause si risolve con l’assoluzione o il proscioglimento dei giornalisti – sottolinea Borsatti – ma, visti anche i tempi lunghi della giustizia, molti giornalisti restano sotto scacco per anni e anni. Nella maggior parte dei casi, inoltre, devono essere loro a pagarsi le spese legali, perché nelle redazioni di cronaca ormai la maggior parte dei giornalisti non è contrattualizzata».

Un ulteriore elemento che segna una novità degli ultimi anni è la delegittimazione da parte della politica nei confronti della professione giornalistica. Ciò si traduce anche nell’azione legale di amministratori locali che trascinano in tribunale quei giornalisti che indagano su presunti casi di corruzione. «Io credo che questa delegittimazione dei giornalisti che va avanti da anni e che agli occhi dell’opinione pubblica tende a sminuirne la figura – osserva Borsatti – rappresenta il clima ed è un terreno fertile perché chiunque, che sia la criminalità organizzata, il criminale comune o l’amministratore locale disturbato dal fatto che qualcuno stia indagando, si senta più autorizzato a cercare di fermare quel giornalista».

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